Gamification Model
Articoli e approfondimenti sui concetti, le tecniche , le regole e i modelli per il corretto impiego della gamification
Migliorare l’ambiente di lavoro grazie alla Gamification
21 Dic
Dopo un lungo periodo di pausa, torniamo sulle pagine di Gamification.it proponendo una libera rielaborazione di una serie di interessanti articoli apparsi recentemente sul blog Inspiration Game.
In questi articoli l’autore affronta il tema della Gamification in modo leggermente differente rispetto al solito, proponendo una serie di strategie utili ad applicare le metodologie ed i processi tipici di questo approccio, non tanto ad un servizio (una piattaforma on-line, ad esempio), quanto invece direttamente all’ambiente di lavoro.
Parlando in termini generici sappiamo che in media, stando alle statistiche e ai dati raccolti negli ultimi anni, grazie all’impiego della Gamification la produttività media in un contesto lavorativo incrementa di circa il 43%, fattore che a sua volta può determinare un aumento dei ricavi complessivi fino ad una soglia del 23%, grazie soprattutto al maggior coinvolgimento ed alle superiori performance raggiunte dai diversi soggetti coinvolti.
Altro risultato fondamentale ottenibile grazie alla Gamification, è quello di riuscire a creare un ambiente di lavoro oggettivamente più disteso, ad esempio grazie al fatto che le varie task relative al lavoro quotidiano, una volta gamificate, vengono percepite come meno gravose e “intimidatorie”. Come ulteriore bonus poi, un processo di Gamification correttamente implementato può all’atto pratico aumentare la “qualità complessiva”, il “livello” di una società grazie a processi che permettono ai singoli dipendenti di valutare il loro stesso percorso professionale, ad esempio mettendoli nelle condizioni di analizzare in autonomia le rispettive performance.
Chiunque può ambire a replicare questi risultati, eventualmente anche migliorandoli, riuscendo a produrre un flusso di lavoro ideale (“Ideal Workflow”). Ma di cosa si tratta esattamente?
Poniamo ad esempio di avere un dipendente che ha da poco iniziato a lavorare per una compagnia: è verosimile pensare che questi sia in grado di svolgere gli stessi compiti di un collega con più esperienza? Molto probabilmente no, anzi: se dovesse provarci, probabilmente passerebbe intere giornate di lavoro in preda alla frustrazione, senza riuscire a raggiungere nessun risultato. Oppure ancora, ipotizziamo di avere un altro dipendente a cui viene assegnato un compito assolutamente banale e non stimolante: in questo caso, verosimilmente si raggiungerà il risultato ma si avrà anche un dipendente estremamente annoiato.
Il flusso di lavoro ideale è quella condizione che si va a collocare a metà strada fra queste due situazioni, a metà strada cioè fra la frustrazione e la noia.
Ma come arrivare a questa condizione ottimale? Ecco qualche suggerimento:
- Valutare le competenze: quando si assume un nuovo dipendente, è importante valutare l’effettivo livello delle sue competenze ed assicurarsi che questo impari davvero come funzionino le dinamiche ed i sistemi nella nuova realtà lavorativa. Soprattutto, è necessario fare in modo che questi possa tenere traccia e valutare le sue performance lavorative. Si parla in pratica di un processo di onboarding/tutorial;
- Non rendere frustranti i compiti complessi: l’obiettivo qui è quello di non assegnare, ai vari soggetti, compiti troppo complessi da svolgere, evitando così il rischio di spingerli a rinunciare; allo stesso tempo però, è fondamentale non abbassare troppo il livello della task assegnate, così da mantenerle interessanti e stimolanti;
- Aumentare gradualmente il livello di difficoltà dei compiti assegnati: così da incrementare di rimando anche le competenze del soggetto ed evitando al contempo che un lavoro cominci a diventare noioso;
- Ripetere e ripetere: la crescita ed il miglioramento sono processi continui e costanti, è quindi importante continuare a mettersi alla prova senza fermarsi, utilizzando il maggior numero di abilità e competenze possibili;
Oltre agli accorgimenti appena citati, una strategia utile a mantenere le dinamiche lavorative interessanti è quella di assegnare, al termine di ogni “insieme” di task (insieme di compiti accomunati dallo stesso scopo), quella che potremmo definire una “Boss Task”: si tratta in pratica di una task che richieda di utilizzare le stesse competenze utilizzate per completare quelle immediatamente precedenti, ma caratterizzata da un livello di difficoltà maggiore. Grazie a questo semplice accorgimento, risulterà più facile accertarsi che l’effettivo livello di competenza di un lavoratore incrementi realmente, e non si limiti invece a sviluppare dei semplici automatismi.
Arrivati a questo punto, perché non provare ad applicare all’ambiente di lavoro anche il collaudato sistema dei livelli, una delle meccaniche più note e riconoscibili della Gamification? L’obiettivo in questo caso è quello di riuscire a creare in chi lavora un senso di crescita e progresso costante, scongiurando il rischio di stagnazione: una soluzione ideale potrebbe prevedere di far guadagnare esperienza in base ai compiti e alle mansioni svolte, accumulando la quale si andrebbe ad incrementare il proprio livello. Non solo: l’esperienza così guadagnata aumenterebbe con l’aumentare dei livelli, dando in questo modo l’illusione di una crescita costante.
A conti fatti, si finirebbe per avanzare di livello alla stessa velocità che in precedenza, ma l’ammontare di esperienza guadagnata svolgendo le task assegnate di volta in volta sarebbe sempre maggiore, spingendo in questo modo chi vi lavora a cercare di avanzare di livello il più rapidamente possibile, anche solo per sperimentare l’incremento dell’esperienza di per sé.
A livello psicologico i meccanismi dietro a questa meccanica sono gli stessi, per fare un esempio, che entrano in funzione quando riceviamo un aumento di salario.
Per accertarsi però che tutte le meccaniche ed i suggerimenti sopra esposti riescano effettivamente a produrre risultati positivi, è importante tenere sempre in considerazione la gratificazione complessiva dei soggetti. Come poc’anzi riportato, questa può essere incentivata con l’assegnazione di task sempre stimolanti, ma non basta: un altro approccio in grado di garantire ottimi livelli di gratificazione consiste nel plasmare l’ambiente lavorativo attorno alle qualità ed alle caratteristiche di chi vi lavora. Anche se una personalizzazione completa dell’ambiente lavorativo non è mai possibile al 100%, è possibile invece cercare di localizzare le principali “categorie” di individui che ne fanno parte e partendo da queste, ognuna differenziata in base a caratteristiche proprie, costruire l’ambiente di lavoro ideale. Di seguito cerchiamo di fare degli esempi di “categorie” di individui che normalmente è facile incontrare in un ambiente di lavoro:
- Achievers: si tratta della categoria di persone più competitive. Amano le sfide e si impegnano al massimo per farvi fronte. Gli “Achievers” dedicano molto tempo a svolgere il proprio lavoro nel miglior modo possibile, sono ad esempio i colleghi che si fermano tempo extra e ai quali è sempre bene dare nuove sfide;
- Explorers: portare a termine un lavoro ed interagirvi non sono la stessa cosa. Quando si parla di “Explorers” si parla di ottimizzatori nati che danno il meglio di loro nella sperimentazione, nello scoprire di volta in volta quali sono le soluzioni ottimali ai vari problemi. Avere persone di questo tipo nel proprio team di lavoro vuol dire poter sempre contare su qualcuno che trovare il modo migliore di procedere: per questo ad esempio, gli Achievers più brillanti hanno sempre almeno un amico Explorer;
- Socializers: si tratta della tipologia più numerosa. I socializers interagiscono con le persone, gli piace farlo ed ad un certo punto diventano anche bravi a farlo. Hanno successo nel loro lavoro solo se hanno un team che li supporti. La chiave per un lavoratore di successo appartenente a questa categoria è la cooperazione. I socializers intelligenti tendono a fare gruppo con entrambe le categorie sopra citate. Un tratto comunque a questo gruppo invece è che tendono ad essere, consapevolmente o meno, dei leader nati, è quindi sempre opportuno, da un punto di vista aziendale, avere nei team di lavoro sempre un buon socializer;
- Killers: gli appartenenti a questo gruppo sono persone che possono risultare “problematiche”. Da loro ti puoi aspettare grandi performance ma anche comportamenti non proprio concilianti (per fare un esempio: “Io sono il migliore e tu non capisci nulla”). Alcune società tendono ad evitare di inserirle nel loro organico, in quanto potenzialmente destabilizzanti. Un approccio più produttivo però, piuttosto che evitarle del tutto, potrebbe essere quello di “isolare” (si fa per dire) queste persone dal resto del team, mettendole nella posizione di poter dimostrare le loro capacità senza tuttavia dargli la possibilità di aggredire il resto del team. Fortunatamente il gruppo composto dai killers è quello più piccolo, riuscire a gestirli non dovrebbe quindi essere così problematico, soprattutto a fronte dei vantaggi che queste persone possono apportare al lavoro del team;
La condizione ideale in un contesto lavorativo vedrebbe assegnate, ad ogni soggetto appartenente alle categoria sopra riportate, task e compiti che effettivamente vadano a sfruttare al meglio le sue specificità: va detto però che nel mondo reale, in un a situazione reale, non è detto che ci sia abbastanza lavoro, ed abbastanza vario, da soddisfare ognuna delle categorie sopra citate. In questo caso ovviamente è lecito assegnare task della tipologia “sbagliata” ai singoli lavoratori.
Giusto per fare il punto però, ecco quella che, a nostro avviso, potrebbe rappresentare una buona “composizione” parlando di team di lavoro: 1 leader appartenente alla categoria Socializer, 1 explorer (utile per le dovute ricerche), 2-3 socializer (in questo caso, non leader) e 2-3 achiever. In base alla nostra esperienza un team così composto potrà far fronte ad ogni situazione con ottimi risultati.
Ecco quindi alcuni semplici suggerimenti che possono aiutare chiunque ad ottenere il massimo dal proprio team di lavoro, grazie ancora una volta alle soluzioni messe a disposizione dalla Gamification e da un suo impiego oculato.
Voi cosa ne pensate? Ritenete possano essere effettivamente applicati alla vostra realtà lavorativa?
La Gamification nel 2017: dove siamo e dove andremo?
31 Gen
Ancora una volta ci ritroviamo, all’inizio del nuovo anno, a fare il punto della situazione per quanto concerne il mondo sempre più vasto della Gamification.
Entriamo subito nel vivo riportando alcuni dati utili a valutare lo stato di salute, se così possiamo dire, del settore: secondo MarketsandMarkets il tasso di crescita a livello globale relativo all’impiego di applicazioni, di piattaforme ed in generale di metodologie che possono essere ricondotte alla Gamification è stato di circa +43,6% nel 2016 rispetto all’anno precedente, con proiezioni di crescita che dovrebbero vedere il volume di affari relativo al settore crescere dai circa 1,65 miliardi di dollari del 2015 a qualcosa come 11,1 miliardi di dollari entro la fine 2020.
Si può quindi affermare ancora una volta che, facendo una sorta di saldo annuale del “mondo Gamification”, l’interesse a questo relativo continua a crescere, a dispetto di crisi o incertezze di mercato.
Abbiamo più volte parlato dei motivi e dei fattori che spingono l’attenzione collettiva verso la Gamification: Karl Kapp, già citato autore di diversi importanti lavori sull’argomento, fa ad esempio notare in un suo recente articolo (che potete trovare qui) che l’interesse sempre crescente per questo campo può essere in parte spiegato dall’appeal che in generale i “games” intesi come “videogiochi” sono in grado di generare a livello globale: secondo l’Entertainment Software Association infatti, nel 2016 nei soli Stati Uniti nel 63% delle case è presente almeno 1 giocatore che si dedica regolarmente al gaming (almeno 3 ore a settimane). Si parla quindi di un interesse largamente diffuso verso il concetto stesso di “gioco” e in tutto quello che questo termine porta alla mente: se è vero che “Gamification” e “gioco” inteso come mero intrattenimento non sono assolutamente la stessa cosa, va riconosciuto però che l’associazione fra i due elementi è inevitabile e che l’intero approccio alla base di questa metodologia è costruito comunque sul concetto di “gioco” (per un approfondimento, vi rimandiamo a questo nostro precedente articolo).
Tuttavia, sempre stando a Kapp questo interesse (almeno quello relativo al mondo del lavoro) nel recente passato ha cominciato a spostarsi: da una semplice curiosità generica indirizzata più che altro al concetto come qualcosa di particolare, al “cos’è la Gamification” per intenderci, si è passati ad un più concreto interesse sul “come e dove possa la Gamification essere efficacemente impiegata”. Esempi di settori relativamente nuovi nei quali la Gamification sta venendo applicata con successo e che sicuramente stanno contribuendo ad alimentare una rinnovata curiosità sono quelli relativi alle pratiche di onbording (anche questo, argomento precedentemente trattato sulle nostre pagine) e di selezione del personale. In questo articolo apparso sul Wall Street Journal viene ad esempio evidenziato come la Gamification venga giù abbondantemente utilizzata nel secondo dei due ambiti sopra riportati, oggettivamente settore di importanza strategica.
Ma andando oltre alle varie aree in cui questo approccio metodologico si stia piano piano sviluppando ed inserendo, è interessante notare come la struttura stessa della Gamification si stia rapidamente diversificando, in base ai metodi ed agli approcci utilizzati: Kapp definisce questo processo “Structural Gamification”, cioè una sorta di “specializzazione” verso cui la Gamification stessa si sta muovendo, in base al settore di utilizzo, con dinamiche e meccaniche via via sempre più raffinate, ottimizzate a seconda delle esigenze.
Sono questi tutti argomenti che richiedono un doveroso approfondimento e che verranno trattati in modo più specifico nei prossimi mesi: possiamo però fin da ora notare come il “mondo della Gamification”, fino a pochi anni fa quasi sconosciuto e senz’altro acerbo (soprattutto qui in Italia) stia ora attraversando un periodo di profonda crescita e trasformazione, sia per quanto concerne la domanda da parte del mercato che l’offerta presentata. Un mondo sempre più sfaccettato e potenzialmente sempre più vario, che aspetta di essere capito e adeguatamente sfruttato.
A presto sulle pagine di Gamification.it per gli approfondimenti e le novità che caratterizzeranno questo 2017 già carico di promesse!
Oltre le Dinamiche e le Meccaniche gamificate: le Componenti
9 Nov
Dopo aver affrontato nelle precedenti pubblicazioni il tema relativo alle meccaniche, alle dinamiche ed alle rispettive differenze, ci ritroviamo sulle pagine di Gamification.it per chiudere la nostra analisi con un ultimo articolo di approfondimento.
Affronteremo oggi il tema relativo ad un’ultima categorie, spesso non propriamente considerata, di elementi chiave per la Gamification e a tutti i processi che la coinvolgono: la categoria in questione è quella dei “componenti”.
Come abbiamo sottolineato in passato, nella Gamification quando si parla di “dinamiche” ci si riferisce ai fattori più astratti, ai desideri ed alle necessità che gli utenti sentono il bisogno di soddisfare, mentre con “meccaniche” si intende tutta la struttura logica alla base del processo gamificato, ciò che ne stabilisce regole, vincoli e limiti.
La terza ed ultima categoria, quella dei “componenti”, rappresenta l’aspetto meno astratto e invece più concreto e tangibile di un progetto gamificato: in pratica rappresenta i veri e propri strumenti pratici che possono essere impiegati in un approccio di questo tipo: si parla quindi di una categoria molto specifica e potenzialmente molto ampia. Come vedremo, in alcuni casi potrà sembrare che “componenti” e “meccaniche” tendano a sovrapporsi, almeno parzialmente, soprattutto a causa della terminologia utilizzata: in realtà gli elementi che compongono le due categorie rimangono ben distinti, in quanto dove le “meccaniche” indicano concetti logici da impiegare, i “componenti” fanno invece riferimento a precisi strumenti.
Per spiegare più concretamente di cosa stiamo parlando possiamo fare ancora una volta riferimento al lavoro svolto dal professor Werbach, nel quale vengono individuati circa una quindicina di “componenti” di base, ben differenziati e specifici (NOTA: alcuni “componenti” riportati nel seguente elenco hanno lo stesso nome di “meccaniche” di cui abbiamo trattato in passato. E’ importante sottolineare ancora una volta che queste non coincidono: come già detto, la differenza risiede nel fatto che le “meccaniche” fanno riferimento alle logiche dietro all’impiego di un dato strumento, mentre le “componenti” indicano lo strumento stesso):
- Achievements: intesi come obiettivi precisi. In un precedente articolo abbiamo individuato una “meccanica” usando lo stesso termine;
- Avatar: cioè rappresentazioni grafiche dell’eventuale personaggio utilizzato dall’utente;
- Badges: banalmente, la rappresentazione grafica relativa ai diversi achievements conseguiti;
- Boss Fights: termine mutuato dal mondo dei videogiochi che può trarre in inganno. Indica in questo caso sfide o compiti particolarmente complessi che l’utente è chiamato a completare al termine di un dato percorso (ad esempio, completare un questionario particolarmente complesso al termine di un percorso formativo);
- Collection: l’insieme di virtual goods, badge ed oggettistica varia da poter accumulare (NOTA: è essenziale che una collezione sia “finita”, che possa cioè essere completata dagli utenti e non sia quindi potenzialmente indeterminata);
- Combat: un compito, una task generalmente di breve durata e meno complessa rispetto ad una “boss fight”;
- Content Unlocking: aspetti dell’esperienza che vengono sbloccati e resi accessibili agli utenti solo quando questi raggiungono determinati obiettivi;
- Gifting: la possibilità e l’opportunità di condividere con altri utenti le risorse accumulate;
- Leaderboards: visualizzazioni grafiche dei progressi, dei badge e degli achievement conseguiti dagli utenti, opportunamente riportate in un pubblico elenco;
- Levels (livelli): indicazioni precise e definite che sanciscono la progressione nell’esperienza da parte dell’utente (per informazioni ed approfondimenti relativi alla “meccanica” con lo stesso nome, vi rimandiamo a questo articolo);
- Points (punti): come per i livelli, rappresentazioni numeriche dei progressi conseguiti dall’utente (per informazioni ed approfondimenti relativi alla “meccanica” con lo stesso nome, vi rimandiamo a questo articolo);
- Quest: sfide e compiti predefiniti ai quali sono abbinate ricompense date (per informazioni ed approfondimenti relativi alla “meccanica” con lo stesso nome, vi rimandiamo a questo articolo);
- Social Graphs: cioè la rappresentazione grafica della rete di contatti costruita dall’utente all’interno dell’esperienza (in pratica, gli altri utenti con i quali condividere l’esperienza nel suo insieme);
- Team: gruppi di utenti che hanno la possibilità di lavorare insieme al fine di conseguire obiettivi comuni, normalmente irraggiungibili dai singoli utenti;
- Virtual goods: oggetti e beni virtuali caratterizzati da un dato valore, sia questo virtuale o reale;
Ora, va specificato che quello appena riportato non è certo un elenco esaustivo di tutti i possibili elementi che vanno a comporre la categoria “componenti”: si tratta di un elenco indicativo, comunque utile a farsi un’idea più precisa di cosa si intende quando si parla della categoria sopracitata.
Arrivati a questo punto posiamo dire di aver analizzato, per quanto sommariamente, tutti gli elementi che compongono quella grande struttura metodologica chiamata Gamification: “dinamiche”, “meccaniche” e “componenti” come abbiamo visto non hanno solo obiettivi diversi, ma si distinguono fra loro sia a livello di astrazione dei concetti che rappresentano, sia a livello di “tempistiche” di impiego.
Secondo Werbach infatti, nella fasi di progettazione di un’esperienza gamificata, l’inserimento delle “meccaniche” e dei “componenti” rappresenta l’ultima parte del processo, da affrontare solo dopo aver chiarito, ad esempio, quali sono gli obiettivi dell’esperienza e quali sono i comportamenti che si vogliono andare ad influenzare nell’utenza (dando quindi priorità alle “dinamiche“).
Solo un corretto impiego di tutte queste categorie può portare alla creazione di una struttura gamificata davvero efficace, a sua volta condizione raggiungibile unicamente tramite la reale comprensione dei concetti in esse contenuti, e quindi dei relativi limiti, delle relative risorse, scopi ed obiettivi.
Con questo arriviamo al termine del percorso avviato alcuni mesi fa con l’articolo “Meccaniche e Dinamiche gamificate: cosa sono?” e proseguito con “Astrazioni e desideri: le Dinamiche nella Gamification”: chiudiamo la serie di articoli dedicata alle componenti strutturali della Gamification sperando di aver contribuito a chiarire le idee in merito e dandoci appuntamento al prossimo articolo, sempre su queste pagine!
Astrazioni e desideri: le Dinamiche nella Gamification
12 Ott
Eccoci tornati sulle pagine di Gamification.it pronti a proseguire il ciclo di articoli iniziati con le due precedenti pubblicazioni, focalizzate sull’analisi e la definizione della natura e delle differenze che intercorrono fra le meccaniche e le dinamiche relative alla Gamification e a tutti i processi che da questa derivano.
Nelle settimane passate abbiamo avuto modo di soffermarci sulle meccaniche normalmente utilizzate in un processo gamificato, fornendo l’elenco di quelle che sono le principali tipologie oltre ad una breve descrizione funzionale delle rispettive caratteristiche.
Archiviato quindi, almeno momentaneamente, il capitolo “meccaniche”, in questo articolo vedremo invece di soffermarci sulla classificazione delle dinamiche, indicandone la natura e le tipologie.
Prima di tutto però, è il caso di ricordare velocemente che si è scelto di affrontare questo argomento in quanto, lavorando nel settore, abbiamo notato ancora oggi il perdurare di una certa confusione sull’argomento, soprattutto quando si tratta di definire in cosa effettivamente differiscano, nella Gamification, le meccaniche rispetto alle dinamiche.
Ancora una volta quindi ribadiamo che meccaniche e dinamiche NON sono la stessa cosa: come abbiamo visto, le prime rappresentano la struttura alla base di un qualunque processo gamificato, stabilendone regole, vincoli e limiti.
Passando allora alla seconda categoria, cosa intendiamo quando utilizziamo il termine “dinamiche”? Concettualmente la distinzione è piuttosto semplice: quando si parla di dinamiche ci si riferisce agli elementi più concettuali ed astratti di un processo gamificato, ai “desideri” ed ai “bisogni” che gli utenti sentono la necessità di soddisfare e che in fase di progettazione devono essere considerati come l’elemento centrale sul quale edificare l’intera struttura.
Si tratta quindi dei fattori di maggior importanza, in base ai quali formare il quadro generale di un qualunque approccio gamificato: senza tenere le dinamiche al centro della fase di progettazione, è sostanzialmente impossibile riuscire a realizzare un contesto gamificato efficace ed organico.
Tuttavia, se tutti concordiamo su cosa siano a livello astratto le dinamiche e su quale sia la loro natura, un po’ più di incertezza emerge quando cerchiamo di definire esattamente quanti e quali siano effettivamente i “desideri” ed i “bisogni” ai quali queste fanno riferimento. Pur tenendo in considerazione tutte le opinioni comunemente accettate nel settore, in questa sede scegliamo di rifarci ai lavori di Kevin Werbach, autorità riconosciuta nel mondo della Gamification nonché co-autore del libro “For the Win: how game thinking can revolutionize your business”, opera molto interessante e lucida sull’efficacia delle meccaniche e sulla natura delle dinamiche gamificate applicate al mondo dell’impresa.
Nelle sue ricerche Werbach individua una serie di fattori determinanti che raggruppa e suddivide in 5 differenti categorie o, appunto, dinamiche. Queste sono: Vincoli, Emozioni, Narrazione, Progressione ed infine Relazioni. Come nel caso delle meccaniche, anche qui troviamo elementi piuttosto semplici ed auto esplicativi, ma anche altri più complessi che richiedono almeno una breve introduzione per poter essere compresi. Cerchiamo quindi di approfondire la questione:
- I Vincoli (Constraints): si tratta della somma delle regole concettuali che ogni utente deve rispettare. Va specificato che queste sono sempre il frutto di una serie di mediazioni e compromessi raggiunti durante la fase di design, in quanto risulta impossibile inserire ogni tipologia di regola o meccanica all’interno di una piattaforma: riuscire a trovare il giusto bilanciamento è quindi un passaggio fondamentale nella fase di progettazione di una piattaforma gamificata;
- Le Emozioni (Emotions): può sembrare banale dirlo, ma le emozioni rappresentano una delle dinamiche di base nonché una delle componenti più importanti da tenere in considerazione quando ci si approccia alla progettazione di un sistema gamificato. Sono le emozioni che ci spingono ad abbandonare o continuare ad utilizzare una piattaforma, è quindi assolutamente necessario cercare di capire come generare e coltivare le giuste emozioni nell’utenza, tenendo sempre conto della tipologia degli utenti stessi: ciò che può veicolare emozioni negative in qualcuno infatti (es: frustrazione e scoramento dovuti alle numerose ripetizioni), può di contro produrne di positive in altri (es: stimolare il senso di competizione per il raggiungimento del massimo punteggio possibile);
- La Narrazione (Narrative): con “narrazione” non ci si riferisce necessariamente ad una “storia” da raccontare che accompagni l’utente nella sua esperienza di gioco: ci si può riferire infatti anche al contesto di base, al “tema” generico attorno al quale l’esperienza si articola. La narrazione è in pratica un mezzo attraverso il quale chi progetta una piattaforma gamificata cerca di catturare l’attenzione dell’utenza, aumentandone il coinvolgimento. Questo può avvenire certamente attraverso una storia (molti giochi hanno un qualche tipo di storia che aiuti a dare un certo ritmo all’esperienza), ma anche semplicemente, ad esempio, tramite l’impiego di un particolare stile grafico che riesca a comunicare in modo efficace quanto si ritenga necessario comunicare;
- La Progressione (Progression): ossia tutto ciò che concerne la crescita dell’utente durante la sua esperienza. Si parla quindi di tutti quei fattori, tradotti solo in un secondo momento in apposite meccaniche, che tengano in considerazione ciò che l’utente dovrà apprendere, le abilità che dovrà impiegare e le capacità che invece dovrà sviluppare grazie alla piattaforma;
- Le Relazioni (Relationship): l’ultima delle nostre dinamiche, quella deputata all’analisi di tutte le interazioni sociali che intercorrono durante l’esperienza di gioco. Le interazioni sociali, siano queste intessute con altri giocatori/utenti o anche con entità virtuali, sono un mezzo estremamente efficace, capace di generare fenomeni di partecipazione e coinvolgimento molto intensi. Per questo è indispensabile tenerne conto in fase di progettazione;
Queste dunque, almeno a grandi linee, sono le principali dinamiche attorno al quale si muove l’eterogeneo mondo della Gamification, intese come categorie in cui inserire tutti quegli elementi astratti che rappresentano la chiave per la creazione di esperienze gamificate davvero funzionali ed efficaci. Possiamo quindi riassumere quello che fino ad ora abbiamo illustrato come segue: se le meccaniche sono le basi dell’infrastruttura logica nonché l’insieme di regole pratiche alla base di un’esperienza gamificata, le dinamiche rappresentano invece la sua componente più astratta, i desideri ed i bisogni dell’utenza, da prendere in considerazione nelle fasi di progettazione.
Se ora è più chiara la differenza fra questi due macro elementi, possiamo dire altrettanto del loro rapporto? Come le dinamiche influenzano le meccaniche, ed eventualmente viceversa? E soprattutto, l’intero processo alla base della Gamification, la sua natura, si esaurisce davvero all’interno di questi elementi?
Sarà questo il tema del nostro prossimo articolo, l’ultimo di questa serie dedicata: per la conclusione ci vediamo quindi fra un mese sempre su queste pagine!
Meccaniche e Dinamiche gamificate: cosa sono? -PARTE 2-
7 Set
Come anticipato la settimana scorsa, presentiamo di seguito la seconda parte dell’articolo in cui esponiamo e cerchiamo di trattiamo le principali meccaniche utilizzate nella Gamification.
In questa sessione completeremo l’elenco iniziato nei giorni scorsi, esponendo anche in questo caso una breve descrizione per ognuna delle rimanenti meccaniche:
- Infinite Gameplay = in pratica, si tratta dell’elaborazione di una struttura che non preveda necessariamente una “fine”, un completamento (così da consentire all’utente di continuare a fruire della piattaforma/giocare per un periodo di tempo potenzialmente indeterminato);
- Levels = cioè certificazioni numeriche che tengono traccia dell’accumulo (ad esempio) di punti da parte dell’utente. Spesso raggiungendo livelli via via più alti (ottenendo quindi via via sempre più punti), l’utente sblocca nuovi contenuti, nuove funzioni, nuove possibilità, ecc;
- Loss Aversion = particolare meccanica che punta ad influenzare il comportamento dell’utente non tanto attraverso l’elargizione di particolari ricompense, quanto invece spingendolo ad evitare specifiche punizioni. In pratica, impiegando questa meccanica, all’utente vengono rimossi vantaggi acquisiti col tempo nel caso in cui non riesca a soddisfare determinate condizioni (ad es: “utilizzare la piattaforma gamificata almeno una volta al giorno” oppure “far usare la piattaforma ad almeno un collega”);
- Lottery = che semplicemente sancisce la vittoria o la sconfitta in un dato contesto (=> guadagnare o perdere qualcosa) basandosi unicamente sul caso. E’ provato che questa meccanica riesca ad agevolare notevolmente il coinvolgimento ed il senso di anticipazione da parte degli utenti;
- Ownership = tramite la quale si sfrutta il forte attaccamento che normalmente si crea fra l’utente e ciò che questi ha precedentemente guadagnato/ottenuto, spingendolo a lavorare e ad impegnarsi pur di non perderlo: sotto molti aspetti, questa meccanica è simile alla Loss Aversion ma generalmente va a colpire/rimuovere tipologie diverse di vantaggi e bonus;
- Points = come per i livelli (Levels), si tratta di un semplice valore numerico, con la differenza che i points vengono elargiti all’utente ogni volta che questi completa un compito o svolge una task e non solo quando precise condizioni vengono soddisfatte (ad esempio, aver conseguito un certo quantitativo di punti);
- Progression = meccanica connessa direttamente a quelle dei Points, dei Levels e degli Achievements. E’ indispensabile al fine di indicare in modo chiaro i graduali conseguimenti ottenuti dall’utente, così da motivarlo a continuare a migliorarsi;
- Quest = compiti e task in genere non obbligatori in cui si richiede espressamente all’utente di conseguire determinati risultati. Nella Gamification in particolare questa meccanica è particolarmente utile per organizzare il lavoro e gli sforzi degli utenti, indirizzandoli in modo preciso. Viene inoltre spesso utilizzata per aumentare la soddisfazione dell’utenza verso il lavoro svolto, indicando obiettivi precisi da poter conseguire in breve tempo (innescando quindi il processo psicologico relativo alla soddisfazione che normalmente tutti provano quando si riesce a completare con successo un dato compito o a raggiungere un certo obiettivo);
- Reward Schedules = cioè la fondamentale logica dietro all’elargizione di qualunque tipo di premio o ricompensa (ad es: “quanti punti vengono assegnati per ogni documento letto dall’utente?” o “quanti punti servono per avanzare di livello?” Ecc). Questa meccanica è inestricabilmente interconnessa con quelle relative agli Appointments, agli Achivements, ai Bonus, ai Levels ed ai Points e rappresenta uno dei passaggi di base relativi a qualunque processo di gamificazione;
- Status = in pratica si tratta della meccanica in base alla quale vengono “aggregati” tutti i traguardi raggiunti dall’utente, si parli di achievement, punti, livelli, ecc. La spinta a migliorare il proprio Status rappresenta una forte motivazione, facile da utilizzare nella progettazione di una piattaforma gamificata ed estremamente efficace se correttamente gestita;
- Urgent optimism = consiste nel riuscire a trasmettere l’idea, nell’utente, che il successo sia raggiungibile e a portata di mano, così da spingerlo a mettersi in gioco e ad affrontare eventuali ostacoli con determinazione ed in modo propositivo. Il concetto di “successo” può chiaramente essere molto ampio e variare da piattaforma a piattaforma;
- Virality = importante se si vuole prevedere una componente social/collaborativa nella propria piattaforma: questa meccanica prevede la progettazione di attività o generici elementi che possano essere raggiunti e conseguiti solo se affrontati in gruppo (ad esempio in squadre);
Con questo si chiude la nostra rapida panoramica: ricordiamo che quelle appena elencate rappresentano le principali meccaniche di “gioco” che quotidianamente vengono impiegate nella realizzazione delle più disparate piattaforme gamificate. Come abbiamo visto in alcuni casi si tratta di logiche piuttosto semplici e sostanzialmente auto esplicative, mentre in altri di concetti più complessi ed articolati.
Siamo consapevoli del fatto che le spiegazioni fornite nel nostro elenco possano risultare a tratti piuttosto sommarie, ma l’obiettivo al momento non era quello di eviscerare l’argomento nei dettagli, quanto piuttosto di dare una prima infarinatura, tale da fornire sufficiente chiarezza da consentire la costruzione delle prossime fasi del discorso.
Con la pubblicazione del nuovo articolo di questa nostra breve serie affronteremo il tema delle dinamiche di gioco e delle differenze fra queste e le meccaniche qui elencate.
Al prossimo articolo quindi!
Gamification vs Sovraccarico Cognitivo
13 Apr
Tempo fa mi è capitato di leggere, in uno dei blog specializzati in Gamification/Learnification che di solito frequento, un curioso articolo riguardo alla predisposizione delle persone a darsi periodicamente degli obiettivi ma a mancare, con una frequenza preoccupante, di raggiungerli. In questo articolo, scritto dal Digital Strategy Joseph Cole, venivano presi in analisi come incipit per avviare una riflessione i classici “buoni propositi” di fine anno, una cosa che nel bene o nel male moltissimi di noi tendono a fare quando, al termine dell’anno, ci ritroviamo a valutare quanto abbiamo realizzato nel periodo trascorso e soprattutto cosa vorremmo riuscire a realizzare nell’immediato futuro. Come osservato da Cole, questi propositi tendono ad essere più o meno condivisi e possono essere riassunti in poche categorie, quali:
- Migliorare le proprie condizioni fisiche;
- Passare più tempo con la propria famiglia;
- Genericamente “imparare qualcosa di nuovo”;
- Ecc…
Nella media, come dicevamo, si tratta di obiettivi che molti di noi si trovano a condividere e che ci piacerebbe riuscire a realizzare: tuttavia, stando ad una serie di ricerche psicologiche (ad esempio quelle effettuate dal professor Richard Wesiman), nonostante le nostre buone intenzioni. una volta assegnatici degli obiettivi tendiamo a fallire nel conseguirli ben nell’88% dei casi. In pratica, quando ad inizio di ogni nuovo anno ci affidiamo dei compiti che vorremmo portare a termine per migliorare la nostra qualità della vita, è probabile che finiremo col non riuscire a portarli a termine. Questa tendenza è in parte dovuta ad una serie di fattori ricorrenti e perfettamente comprensibili, come:
- La nostra tendenza a procrastinare e quindi a perdere motivazione;
- Il poco realismo nell’assegnarci obiettivi decisamente fuori portata o semplicemente il numero eccessivo di obiettivi che ci assegniamo; – La poca chiarezza negli obiettivi che ci diamo, che spesso tendono a rimanere fin troppo vaghi;
- La nostra tendenza a rimanere ancorati alle nostre abitudine, che de facto ci rendono difficile “cambiare”;
In pratica ognuno di noi desidera il cambiamento, il miglioramento: il problema è che negli sforzi a lungo termine la gratificazione tarda a manifestarsi, quindi tendiamo a perdere motivazione e di lì a poco abbandoniamo del tutto i propositi che ci eravamo dati. Quando Cole nel suo articolo ha paragonato il cervello ad un muscolo che in quanto tale deve essere allenato per poter migliorare, non ha detto nulla che non sia comunemente risaputo ed accettato. Prima di capire in che modo la Gamification possa aiutarci in questo ambito, è però il caso di addentrarci leggermente di più nell’argomento: ad esempio, quello che la maggior parte delle persone probabilmente non sa è che la parte del cervello che presiede alla forza di volontà ed in generale sovrintende al raggiungimento degli obiettivi a medio-lungo termine è la corteccia pre-frontale. Questa parte del cervello è inoltre responsabile della nostra capacità di concentrazione e di “pensiero astratto”: tutto ciò per chiarire che la corteccia pre-frontale presiede ad un’ampia lista di compiti e mansioni. Tuttavia, per quanto si possa allenarla, questa parte del cervello non è in grado di gestire un numero infinito di stimoli e far fronte ad una quantità indeterminata di richieste: se eccessivamente stimolata infatti (ad esempio con una lista esageratamente lunga di “buoni propositi”) la corteccia pre-frontale potrebbe raggiungere quello che comunemente viene definito “sovraccarico cognitivo”. Si tratta di una condizione in cui, a causa del numero eccessivo di stimoli ricevuti, risulta impossibile effettuare decisioni o scelte sulle quali focalizzare l’attenzione. Inevitabilmente questa condizione impedirà di portare a compimento gli obiettivi preposti. Non avete mai fatto caso, ad esempio, di quanto sia più facile dimenticarci di qualcosa quando siamo stanchi o stressati? Detto questo, è arrivato il momento di spiegare come la Gamification possa aiutarci in casi simili: per quanto possa sembrare strano infatti, le meccaniche della Gamification possono aiutarci anche in questo ambito, favorendo il giusto approccio. Ecco una lista di semplici suggerimenti mutuati dalla sue meccaniche e che, se correttamente applicati, senz’altro ci aiuteranno a raggiungere risultati migliori:
1. Ricordarsi del “fattore divertimento”: è provato che la nostra motivazione raggiunge il massimo del potenziale quando ci si affaccia a qualcosa di nuovo. Mettetevi in gioco ed iniziate ad impegnarvi quando i propositi che vi siete dati sono ancora “freschi” e non dopo periodi di tempo lunghi: una buona strategia è quella di scrivere una lista con i nostri obiettivi e per ognuno di essi preparare delle “task” o “missioni” che si possano realizzare nel breve periodo;
2. Non sottovalutate il fatto che il cervello è una macchina fatta per risolvere problemi e trovare soluzioni: questo vuol dire che quando il cervello “incontra” un nuovo problema o una nuova condizione, qualunque essa sia, immediatamente cercherà di decifrarne lo schema al fine di giungere alla sua soluzione. Trovare queste soluzioni può essere un procedimento interessante, ma una volta venuto a capo dello schema dietro al problema il cervello tenderà inevitabilmente, e velocemente, ad annoiarsi. E’ bene sottolineare che questo è un fenomeno inevitabile, si tratta di un semplice processo di causa-effetto che fa parte della nostra natura. Quando si comincia ad annoiarsi, si tende a perdere la propria motivazione: perdendo motivazione, si tende via via ad impegnarsi sempre di meno e questo, quasi inevitabilmente, porta sul lungo periodo a fallire la missione e/o l’obiettivo che ci si era assegnati. Consapevoli di questa nostro “limite” intrinseco, possiamo provare ad aggirarlo al fine di mantenere sempre alta la nostra risolutezza, ad esempio cambiando periodicamente le nostre routine e cercando di volta in volta via sempre nuove per raggiungere i nostri obiettivi. Così facendo eviteremo la noia ed allontaneremo lo spettro del fallimento;
3. Fare attenzione a ridurre il “sovraccarico cognitivo”: ognuno di noi tende a bloccarsi in preda all’indecisione quando abbiamo di fronte troppe possibili scelte. Come accennato in precedenza, la corteccia pre-frontale ha dei limiti e non può far fronte ad un numero indeterminato di obiettivi. Ricordiamoci inoltre che si è innegabilmente più produttivi quando si vedono i risultati dei nostri sforzi: dobbiamo stare attenti a mantenere il numero di obiettivi che vogliamo raggiungere entro un certo quantitativo ragionevole, magari suddividendoli in parti più piccole così da riuscire a vederne gli esisti positivi con maggior frequenza (ci ricolleghiamo qui al punto 1 in cui veniva menzionata la possibilità di creare delle brevi missioni o task);
4. I compiti che ci diamo devono essere specifici: più un obiettivo è vago, generico, ambiguo, più difficile sarà portarlo a termine. Diamoci compiti chiari, così da portene controllare meglio i progressi;
5. Cerchiamo sempre di darci delle nuove abitudini/nuovi comportamenti: come detto sopra, è importante dividere i nostri macro-obiettivi in task o missioni più semplici, così da poterne monitorare i progressi. Un ulteriore lato positivo di questo approccio è che rende più semplice individuare i comportamenti che portano ai risultati desiderati: questa consapevolezza può aiutare a creare nuove abitudini basate sui suddetti comportamenti e quindi facilitare ulteriormente il conseguimento dei risultati. Assegnarsi punti o semplici medaglie ogni volta che si riesce a riprodurre un certo comportamento (che sappiamo essere produttivo) è un buon modo per agevolare la formazione di nuove abitudine;
Quelle sopra elencate sono tecniche comunemente utilizzate sia nella Gamification che nella Learnification, ma che possono senz’altro essere applicate con successo anche in altri ambiti da un gran numero di categorie di persone: tutti infatti ci troviamo di fronte quasi quotidianamente a dei nuovi obiettivi da raggiungere. Sapere come approcciarsi ad essi per massimizzare le possibilità di successo rappresenta un grande vantaggio.

Gamification ed educazione: un nuovo approccio
4 Mar
Nel passato recente su questo blog abbiamo brevemente trattato l’argomento relativo agli adolescenti prossimi all’ingresso nel mondo del lavoro e di come questo dovrebbe prepararsi ad accogliere le nuove generazioni impiegando in modo costruttivo tutte quelle meccaniche e quelle strategie tipiche della Gamification, adattandovisi: questo non solo e non tanto per venire incontro alle necessità dei futuri neo-assunti, quanto piuttosto per aiutarli nell’inserimento in un nuovo contesto, quello lavorativo, migliorandone così le perfomance e la resa complessiva con un guadagno reciproco.
In questo articolo parleremo ancora di adolescenza e di Gamification, ma concentrandoci questa volta non sul mondo del lavoro e sulle sue caratteristiche, quanto piuttosto sui processi relativi all’educazione e la formazione, che oggi stanno cominciando ad essere ripensati e ridefiniti attraverso un’importante fase di riprogettazione. Continua >
Gli agenti diventano giocatori: Gamification per il mercato finanziario
3 Dic
Un gran numero di blogs stanno dedicando sempre di più la propria attenzione alla gamification, ma nonostante questo la fotografia completa di cosa sia e come si realizzi un progetto con gamification sembra ancora basarsi su basi poco solide e frammentate.
Questa che vi proponiamo è la traduzione dell’articolo pubblicato su Gamification Enterprise a cura di Chris van den Berg gamification designer, che mostra attraverso una case history e la sua roadmap i punti più importanti per la realizzazione di un progetto di gamification concreto e di successo.
Per molti gli aspetti principali, gli strumenti da e con cui gamificare, sono chiari e ovvi, ma poi ci si scontra sempre con la fatidica domanda: “come faccio a farlo accadere?” Continua >
Le 8 caratteristiche della gamification in azienda
21 Nov
Le esperienze basate sulle logiche della gamification, siano esse studiate per il mondo del lavoro o del marketing per la comunicazione, stanno riscuotendo un notevole successo derivante dai reali obbiettivi che permettono di raggiungere. Oggi la gamification, e quindi la necessità di coinvolgere aumentando l’engagement, è un requisito necessario nei processi anche all’interno delle aziende e sempre più rivolto alle persone in azienda.
Processi d’apprendimento: critica alla Gamification?
17 Set

Gamification – e-learning- ciclo di kolb
Recentemente ci è capitato spesso, leggendo documentazioni di genere e per esperienza personale, di imbatterci nella questione relativa ai processi di apprendimento, in particolare per quanto concerne questi processi applicati all’e-learning – formazione a distanza -, alla learnification e di rimando, per quanto ci riguarda più da vicino, alla gamification. Sostanzialmente ci sembra che l’impressione più diffusa sia che i processi di gamification possono essere efficacemente impiegati per aumentare la produttività e l’engagement degli individui all’interno di una società (intesa come azienda), ma che questi processi invece non abbiano la stessa efficacia nell’agevolare i processi di apprendimento a tutto tondo.
Va detto che con questo articolo non ci poniamo l’obiettivo di dirimere la questione, quanto piuttosto di iniziare a valutarla con spirito critico, ipotizzando delle possibili soluzioni. Continua >