Flappy Bat – HTML5 Game

In alittleb.it stiamo mettendo a punto alcune soluzioni di gaming e serious gaming replicabili basate su HTML5 per garantire continuità di esperienza tra desktop e mobile.

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Il nostro ultimo esperimento utilizza il framework “Phaser” e riprende il gameplay di uno dei giochi più scaricati (e discussi) delle ultime settimane: Flappy Bird.

Questa è solo una delle tecnologie su cui alittleb.it sta lavorando e sviluppando nuove soluzioni che possono essere utilizzate all’interno di progetti complessi e con modelli di gamification.

Il gioco replica la modalità di gioco di Flappy Bird, utilizzando il tasto del mouse o il touch su mobile per dare uno slancio verso l’alto al pipistrello ed evitare gli ostacoli e il doppio click/touch per dare uno slancio maggiore.

Ora non resta altro da fare che provarlo: gioca a Flappy Bat

“La Città Sostenibile” del Gruppo Hera – un e-learning game destinato ad oltre 4.000 dipendenti

HERA - E-learning Multiplayer GameLa Città Sostenibile è il progetto di e-Learning game in multiplayer sincrono realizzato da Alittleb.it per il Gruppo Hera, con l’obiettivo di insegnare il bilancio di sostenibilità del Gruppo Hera ai suoi più di 4.000 dipendenti.

Lo scopo primario del gamplay de “La Città Sostenibile” è migliorare la sostenibilità di una città virtuale, ripercorrendo tutte le attività che Hera ha effettivamente compiuto e riportato nel suo bilancio di sostenibilità del 2012. Per saperne di più sul progetto “La Città Sostenibile”, il progetto di gamification del Gruppo Hera e  per i suoi dipendenti leggi tutto l’articolo.

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Chipotle Scarecrow: è forse questo il futuro dell’Advergame?

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La catena di ristoranti Chilpote per il mercato statunitense ha realizzato una eccellente e mirata campagna di branding basata sul rilascio di una applicazione gamificata integrata nella campagna di comunicazione e a supporto della SCR. L’APP, con un forte storytelling, coinvolge l’utente in un’esperienza dove il giocatore si vede impegnato a combattere la meccanizzazione eccessiva e lo sfruttamento degli animali per la creazione del cibo.

Un Advergame che sensibilizza l’utenza verso temi ambientalisti e salutari, legando a queste tematiche l’azienda e che regala omaggi a chi completa il gioco con successo.

La catena Chiplote Mexican Grill, con sedi in diversi stati del mondo tra cui USA, Canada e Regno Unito, ha presentato su iTunes la sua applicazione che a detta di molti esperti del settore ha generato una piccola rivoluzione nel campo della promozione virale dei propri prodotti. Continua a leggere Chipotle Scarecrow: è forse questo il futuro dell’Advergame?

Zombie-Based Learning Gamification case study

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Il professor David Hunter, docente scolastico di Seattle, ha progettato un metodo di insegnamento nuovo e coinvolgente della geografia che consente agli alunni di impararla come se stessero sfuggendo ad una apocalisse zombie!
Tra nozioni geografiche elementari e avanzate, strategie per sfuggire all’apocalisse e dover ricostruire il mondo tenendo conto dei fattori economici e sociali di un paese, il professore è riuscito a dare vita ad un progetto di e-learning basato sulla gamification che sta espandendosi nel corso del tempo, aggiudicandosi sempre più consensi.

La prima apparizione del progetto, denominato dal suo inventore Zombie Based Learning, è stata su kickstarter più di un anno fa, dove David Hunter…, Continua a leggere Zombie-Based Learning Gamification case study

Come funzionano i meccanismi PBL nella gamification: i badges

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Le meccaniche PBL acronimo di Points, Badges and Leaderboard hanno contribuito a definire la teoria della gamification, venendo però spesso riconosciute quasi universalmente come l’esempio di cosa evitare per far sì che il proprio progetto gamificato ben riesca. Victor Manrique, attraverso il proprio Epic Win Blog, propone una interessante alternativa per integrare, invece che scartare a priori, questi meccanismi nel proprio progetto di Gamification.

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Una gamification senza punti nè badge

E’ possibile prevedere una gamification che esuli dalla assegnazione di punti e badges? Steve Bocska prova a descrivere un metodo di applicazione della gamification che esuli dalla mera assegnazione di punti e badges, con lo scopo di sviluppare delle esperienze gamificate che possano essere efficaci anche al di fuori del breve periodo.

 

Steve Bocska CEO della Pharm Production di Vancouver, descrive sulle pagine di gamification.co una tipologia di gamification che molto si avvicina a quella da noi professata da molto tempo. Oltre oceano, il concetto di esperienza gamificata sta evolvendo infatti dai primi esperimenti di Foursquare nel 2010 a una nuova forma di gamification che non prevede una mera distribuzione di badges e punti quando l’utente compie una azione (per esempio se si invita un amico nel programma, oppure se effettuiamo alcune azioni definite). All’interno dell’articolo l’autore analizza anche alcuni aspetti di marketing: Bocska sa bene che il marketing si basa anche su far leva sulle giuste corde psicologiche per spingerci ad acquistare, ma allo stesso tempo ricorda che è lasciato agli utenti il libero arbitrio. Sono essi stessi che decidono come comportarsi in relazione alle promozioni.

Questo ovviamente vale anche per la gamification. L’autore pone l’accento sulla qualità del gamedesign per catturare l’attenzione dell’utente. Ecco un’immagine tratta dall’articolo:

Zynga

All’interno del grafico vediamo alcuni dei giochi che hanno abbracciato la gamification nel senso più “rudimentale” del termine. I giochi Zynga qui presentati hanno tutti sfruttato un metodo “bubble-and-burst” che ha sì permesso ad essi di divenire famosissimi e utilizzati da milioni di utenti, ma allo stesso tempo ha visto i numeri calare drasticamente una volta terminato il breve periodo.

Unica linea in contro tendenza è Zynga Poker (la linea verde), ma perché le meccaniche del poker sono da 200 anni considerate bilanciate ed intrinsecamente divertenti, e pertanto non hanno le stesse problematiche degli altri giochi.

L’articolo vuole pertanto far riflettere gli esperti di gamification oltreoceano su un nuovo tipo di gamification, diverso da quello che aveva animato le applicazioni dal 2010 all’ultimo periodo; un trend che, orgogliosamente, vediamo allinearsi a quanto già da tempo scriviamo sul nostro blog (per esempio QUI ). I primi segnali di un cambiamento operato dalle aziende si erano già visti (con decisioni anche drastiche, come Foursquare, di cui parliamo QUI ); occorrerà attendere per determinare se quella invocata da Bocska (e da noi) si rivelerà essere il nuovo trend di periodo.

Potete trovare l’articolo in lingua originale cliccando QUI

Obbligati a divertirsi: un paper sulla gamification

La Wharton School ha pubblicato un paper relativo all’uso della gamification nell’ambiente lavorativo. Se è vero che la gamification sta sempre più divenendo un tool importante ed utilizzato nel contesto aziendale, è anche vero che occorre definire chiaramente l’uso che si vuole fare dello strumento. La difficoltà, si evince dalla ricerca, è conciliare gli obiettivi aziendali e la soddisfazione del lavoratore.

 

L’università della Pennsylvania, attraverso la Wharton School (una delle più prestigiose scuole di economia del mondo), ha da poco pubblicato una ricerca approfondita sull’uso della gamification all’interno dei luoghi di lavoro. L’utilizzo della gamification per i dipendenti è un trend in crescita, in particolar modo viene utilizzata a riguardo delle scelte che riguardano la promozione dei propri valori all’interno dell’impresa e la formazione degli addetti per garantire un miglior servizio agli utenti finali.

L’uso della gamification è quindi in crescita, ma si evince chiaramente dal paper la necessità, secondo i ricercatori, di trovare un connubio tra il prevedere l’esperienza gamificata come qualcosa che possa migliorare la soddisfazione personale del lavoratore (e il suo comfort sul luogo di lavoro) e l’evidente provenienza manageriale del progetto.
E’ impossibile “costringere” qualcuno a divertirsi, dice il paper, e pertanto l’azienda deve essere in grado di mediare tra gli obiettivi aziendali che si vogliono raggiungere e la soddisfazione dei lavoratori. Nell’esperimento compiuto dai ricercatori, i venditori sono stati associati a tre diverse esperienze gamificate, valutando, oltre all’incentivo alle vendite generato dalla gamification, il livello di consenso dei lavoratori nei confronti del loro manager, e hanno verificato che, con un basso grado di consenso, gli incentivi alle vendite dati dall’esperienza gamificata scendevano fino a ridurre le prestazioni stesse.

 

Vi lasciamo con il paper, che potete scaricare a QUESTO link.

Gamification case study: Carrefour e PICS

 

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L’azienda francese lancia un’iniziativa che mette in palio buoni della spesa all’interno dei propri punti vendita, utilizzando un’applicazione, online e per cellulari, che utilizza diversi strumenti della Gamification per creare engagement per i propri clienti. Analizziamo PICS e forniamo un quadro delle sue potenzialità e caratteristiche.

 

Carrefour ha ideato una nuova campagna gamificata che sarà usufruibile fino al 31-07 di quest’anno; PICS, questo il nome dell’iniziativa, sarà utilizzabile dal web all’indirizzo Carrefour.it o da un’app scaricabile sul proprio cellulare. Il funzionamento è molto semplice: una volta registrato, all’utente vengono mostrati prima un indizio (per esempio “Ospiti sgraditi”) e successivamente 12 degli oggetti Carrefour tra cui scegliere. Dopo due minuti di gioco, il sistema ci dirà quanti punti abbiamo fatto: con 100 punti avremo modo di partecipare all’estrazione di uno dei buoni sconto (sono 10 ogni giorno) disponibili.

L’applicazione presenta molti spunti interessanti che possono essere analizzati in ottica gamification:

 

  • Innanzitutto, vi sono i punteggi, che sono il primo indizio della presenza di un ambiente gamificato. Al termine dei due minuti, riceveremo il nostro punteggio che ci permetterà di scoprire se potremo avere una chance di vincere il premio. Con 100 punti in una partita otterremo infatti la possibilità di cliccare su instant win per poter tentare di prendere per noi uno dei buoni da 50 euro messi a disposizione da carrefour. I punteggi danno la possibilità agli utenti di avere una metrica diretta delle proprie performance all’interno del gioco, e dà un obiettivo chiaro che essi devono raggiungere.
  • Il tempo è uno dei fattori portanti dell’esperienza: il giocatore ha solo due minuti di tempo per effettuare tutte le combinazioni possibili per il premio. Avere un limite di tempo così basso lo spinge a muoversi velocemente, aumentando così le possibilità di errore. Con un tempo limite di due minuti, inoltre, la partita risulta rapida e l’utente è portato a testare nuovamente le proprie abilità, giocando nuovamente.
  • Carrefour riesce ad inserire un altro concetto economico all’interno dell’applicazione. Esistono infatti due modalità di “gioco”: la prima è allenamento, con la possibilità di effettuare partite a volontà, l’altra è la modalità “partita” con la quale possiamo mettere a frutto il nostro “allenamento” per tentare di vincere i buoni, ma solo con tre tentativi al giorno. La scarsità di risorse introdotta in PICS, quindi, indurrà i giocatori ad utilizzare il più possibile l’applicazione in modalità allenamento, per poter poi trarre il massimo vantaggio quando si effettueranno le partite canoniche concesse dall’applicazione. Più partite di allenamento si traducono in un maggior tempo passato dagli utenti sull’applicazione.

 

L’obiettivo prefissato da Carrefour per questa campagna gamificata risulta però quello di mostrare i propri prodotti che hanno superato un panel di consumatori. All’interno del minisito infatti vengono spiegate le caratteristiche del panel che Carrefour ha improntato per offrire ai consumatori ciò che essi stessi richiedono. Nel corso del gioco gli utenti guardano più volte i prodotti carrefour, imparando inoltre le funzioni d’uso specifiche degli stessi (quali prodotti utilizzare per una cena sfiziosa o quali per curare la propria igiene). Quando torneranno nei punti vendita, essi li riassocieranno alle funzioni associate, trasformando quindi il tempo passato sull’applicazione in acquisto all’interno della catena francese.

 

 

Gamification case study: Steam Trading Cards

Steam_trading_cards_header

Steam propone ai propri utenti una promozione, al momento in beta, che permetterà loro di collezionare carte virtuali relative ai titoli giocandoci o utilizzando la propria rete di amici sul proprio account. Analizziamo la proposta di Valve per gamificare l’esperienza di gioco degli utenti, al fine di ingaggiarli e sviluppare un vero e proprio “mercato” parallelo di carte virtuali.

 

Le carte collezionabili sono un fenomeno che attrae e stabilizza un rapporto duraturo con i propri utenti sin dagli anni ’90, quando Magic the Gathering si è imposto nel panorama mondiale. Da allora, si sono succeduti vari sistemi di regole e di collezioni, che hanno toccato qualsiasi tema possibile (QUI su Wikipedia.eng una lista esaustiva).
Steam crea pertanto, al momento in fase BETA, un sistema gamificato che si propone di premiare i propri utenti: stiamo parlando delle STEAM TRADING CARD.

Il sistema ideato da Valve è molto semplice: semplicemente giocando ad uno dei giochi che partecipano alla beta di questo sistema, sarà possibile collezionare carte relative ai programmi (nella beta vi sono giochi che spaziano da DOTA 2, Portal 2 e Triple Town); ogni gioco avrà un proprio “set di carte”, di grandezza variabile, ma l’utente potrà raccogliere al massimo la metà di esse giocando senza alcun aiuto…esterno.

Se infatti il giocatore vorrà terminare un set di carte relativo ad un gioco, dovrà appellarsi alla comunità di Steam scambiando le proprie carte per ottenere quelle che gli mancano e compleatare così la serie. Oltre a guadagnare direttamente in prestigio (l’utente riceve una medaglia visibile sul proprio profilo), la medaglia consegna ad un giocatore un contenuto multimediale (come può essere uno sfondo per il profilo  o una emoticon particolare) oppure uno sconto sull’acquisto di altri titoli Steam.

Lo scopo della promozione è quindi premiare gli utenti che utilizzano maggiormente i i prodotti Steam e allo stesso tempo favorire un’interazione, seppur minima, con la comunità dei giocatori. La componente “endless” della promozione (la possibilità che non vi sia una fine designata) è data dalla possibilità per gli utenti di perfezionare le medaglie ottenute per ottenere premi migliori.
Steam lascia quindi la scelta ai giocatori, che potranno decidere quanto immergersi nell’esperienza in base alle proprie preferenze, privilegiando l’aspetto pratico dell’ottenimento delle carte o l’aspetto più sociale/mercantile che seguirà lo scambio delle carte.

Non resta che attendere per vedere se questa iniziativa, al momento in fase BETA, piacerà agli utenti Steam, portandoli ad utilizzare con maggior frequenza i prodotti Valve. Per il momento non possiamo che attendere di vedere la loro reazione, per questo progetto che potrebbe (fonti non ufficiali lo affermano) portare presto ad un gioco interamente dedicato.

 

 

La competizione nelle esperienze gamificate

La competizione è da sempre un elemento portante dei giochi; riuscire a portare a termine un obiettivo confrontando i nostri risultati con quelli altrui ci spinge a perfezionarci e a migliorare. Alcune regole (da Mario Herger, guru americano globalmente riconosciuto della gamification) per poter da una parte difendersi da una competizione distruttiva, dall’altra trarre vantaggio per il proprio business da una competizione positiva.

La competizione viene definita da Wikipedia come ” …una gara tra organismi, animali, individui o gruppi per un territorio, una nicchia o una location in gardo di fornire risorse e sostentamento, per prestigio, riconoscimento, premi, dei compagni o un nuovo status sociale, per la leadership; è opposto alla cooperazione”.

La gamification stessa ha a che fare direttamente con la competizione, dato che molti degli strumenti a disposizione sono basati interamente sulla competizione perchè abbiano effetto: una leaderboard, per esempio, si fonda sulla volontà dei giocatori di apparire nelle prime posizioni della stessa, pertanto trova fondamento nel direzionare correttamente la competizione tra gli utenti. Le esperienze gamificate giovano pertanto della competizione, riuscendo a creare tanto più engagement quanto più le persone si sentono in competizione tra loro. In particolar modo risulta importante per le imprese riuscire a creare delle esperienze gamificate di successo per i propri dipendenti; un dipendente che si senta incentivato a competere con i suoi colleghi lavora più duramente e conquista gli obiettivi in poco tempo, proprio per affermarsi come il migliore. Ne deriva che, se l’azienda è in grado di incanalare correttamente i comportamenti dei suoi dipendenti, è in grado di aumentare la propria produttività di riflesso.

 

Herger distingue in primo luogo una competizione “positiva” (tecnicamente chiamata adattativa) e una negativa (o “disadattiva”); la componente adattiva ha come caratteristiche principali la perseveranza dell’utente nel “mettersi in gioco” seguendo le regole, applicandosi al meglio delle sue capacità per migliorarsi senza ossessionarsi dal pensiero di superare gli altri. La componente disadattiva, d’altro canto, è tipica di una persona che si impone di non perdere ad ogni costo, in competizione anche mentre gli altri non sono competitivi e che barerebbe al gioco, se solo fosse possibile. L’articolo prosegue indicando come le differenze di genere (gli uomini tendono a mettersi in gioco avendo anche solo un minimo di possibilità, le donne quando hanno grandi chances per la vittoria), di cultura (ad esempio in oriente l’armonia del gruppo è tenuta più in considerazione rispetto allo sviluppo individuale) e altri fattori demografici possano influire sulla competizione; per questo motivo, occorre che gli esperti di Gamification sappiano implementare al meglio gli strumenti propri di questa tecnica di Marketing, al fine di incontrare al meglio i gusti del pubblico, e allo stesso tempo direzionare la competizione in modo che generi un flow positivo.

Le idee riportate da Herger ci consentono quindi di considerare l’uso della competizione come un prezioso strumento nelle nostre mani, per poter supportare le esperienze create dagli esperti e per poter aumentare l’interesse generato attorno ad essa. Vi lasciamo con l’articolo in lingua originale sul sito di Herger, qui