La Gamification nel 2017: dove siamo e dove andremo?

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Ancora una volta ci ritroviamo, all’inizio del nuovo anno, a fare il punto della situazione per quanto concerne il mondo sempre più vasto della Gamification.

Entriamo subito nel vivo riportando alcuni dati utili a valutare lo stato di salute, se così possiamo dire, del settore: secondo MarketsandMarkets il tasso di crescita a livello globale relativo all’impiego di applicazioni, di piattaforme ed in generale di metodologie che possono essere ricondotte alla Gamification è stato di circa  +43,6% nel 2016 rispetto all’anno precedente, con proiezioni di crescita che dovrebbero vedere il volume di affari relativo al settore crescere dai circa 1,65 miliardi di dollari del 2015 a qualcosa come 11,1 miliardi di dollari entro la fine 2020.

Si può quindi affermare ancora una volta che, facendo una sorta di saldo annuale del “mondo Gamification”, l’interesse a questo relativo continua a crescere, a dispetto di crisi o incertezze di mercato. Continua a leggere La Gamification nel 2017: dove siamo e dove andremo?

Oltre le Dinamiche e le Meccaniche gamificate: le Componenti

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Dopo aver affrontato nelle precedenti pubblicazioni il tema relativo alle meccaniche, alle dinamiche ed alle rispettive differenze, ci ritroviamo sulle pagine di Gamification.it per chiudere la nostra analisi con un ultimo articolo di approfondimento.

Affronteremo oggi il tema relativo ad un’ultima categorie, spesso non propriamente considerata, di elementi chiave per la Gamification e a tutti i processi che la coinvolgono: la categoria in questione è quella dei “componenti”.

Come abbiamo sottolineato in passato, nella Gamification quando si parla di “dinamiche” ci si riferisce ai fattori più astratti, ai desideri ed alle necessità che gli utenti sentono il bisogno di soddisfare, mentre con “meccaniche”  si intende tutta la struttura logica alla base del processo gamificato, ciò che ne stabilisce regole, vincoli e limiti.

La terza ed ultima categoria, quella dei “componenti”, rappresenta l’aspetto meno astratto e invece più concreto e tangibile di un progetto gamificato: in pratica rappresenta i veri e propri strumenti pratici che possono essere impiegati in un approccio di questo tipo: si parla quindi di una categoria molto specifica e potenzialmente molto ampia. Come vedremo, in alcuni casi potrà sembrare che “componenti” e “meccaniche” tendano a sovrapporsi, almeno parzialmente, soprattutto a causa della terminologia utilizzata: in realtà gli elementi che compongono le due categorie rimangono ben distinti, in quanto dove le “meccaniche” indicano concetti logici da impiegare, i “componenti” fanno invece riferimento a precisi strumenti.

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Astrazioni e desideri: le Dinamiche nella Gamification

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Eccoci tornati sulle pagine di Gamification.it pronti a proseguire il ciclo di articoli iniziati con le due precedenti pubblicazioni, focalizzate sull’analisi e la definizione della natura e delle differenze che intercorrono fra le meccaniche e le dinamiche relative alla Gamification e a tutti i processi che da questa derivano.

Nelle settimane passate abbiamo avuto modo di soffermarci sulle meccaniche normalmente utilizzate in un processo gamificato, fornendo l’elenco di quelle che sono le principali tipologie oltre ad una breve descrizione funzionale delle rispettive caratteristiche.

Archiviato quindi, almeno momentaneamente, il capitolo “meccaniche”, in questo articolo vedremo invece di soffermarci sulla classificazione delle dinamiche, indicandone la natura e le tipologie. Continua a leggere Astrazioni e desideri: le Dinamiche nella Gamification

Meccaniche e Dinamiche gamificate: cosa sono? -PARTE 2-

Gamification_5 copyCome anticipato la settimana scorsa, presentiamo di seguito la seconda parte dell’articolo in cui esponiamo e cerchiamo di trattiamo le principali meccaniche utilizzate nella Gamification.

In questa sessione completeremo l’elenco iniziato nei giorni scorsi, esponendo anche in questo caso una breve descrizione per ognuna delle rimanenti meccaniche: Continua a leggere Meccaniche e Dinamiche gamificate: cosa sono? -PARTE 2-

Meccaniche e Dinamiche gamificate: cosa sono? -PARTE 1-

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Dopo la breve pausa estiva ci ritroviamo sulle pagine di Gamification.it ad affrontare un argomento di fondamentale importanza se si vuole comprendere davvero l’argomento, ma che ha in passato generato e tutt’ora genera una certa confusione: sebbene infatti si parli di Gamification da diversi anni e la relativa letteratura abbia raggiunto una mole ed una diffusione notevole, non si può fare a meno di notare che ancora persiste scarsa chiarezza in merito all’esatta natura della Gamification, in particolar modo quando si parla dei i suoi elementi costitutivi e distintivi.

Nello specifico, abbiamo spesso avuto modo di constatare come si tendano a confondere fra loro, se non direttamente a far coincidere, quelle che sono le meccaniche tipiche di un processo gamificato con quelle che invece sono le relative dinamiche.

Il seguente articolo, per comodità diviso in due parti, rappresenta il primo di una breve serie attraverso la quale proveremo ad affrontare più in dettaglio la questione: nelle prossime pagine ci concentreremo più nel dettaglio proprio sulle meccaniche universalmente riconosciute ed utilizzate in un approccio gamificato. Continua a leggere Meccaniche e Dinamiche gamificate: cosa sono? -PARTE 1-

Onboarding e Gamification: un abbinamento naturale

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Come accennato nel precedente articolo pubblicato qui sul sito, affronteremo oggi un argomento più specifico del solito nel campo della Gamification: al posto di concentrarci sull’impatto di determinate meccaniche sul “lavoro” nel suo complesso, ci focalizzeremo oggi su di un aspetto più specifico e particolare, cioè le pratiche relative ai processi di on-boarding.

In ambito lavorativo per “on-boarding” si intendono tutte quelle meccaniche, quei processi e quelle procedure pensate per consentire ad un nuovo dipendente/neo assunto di apprendere i comportamenti richiesti ed in generale di acquisire le necessarie abilità necessarie per diventare un membro produttivo dell’organizzazione di cui si è entrati fa parte. Continua a leggere Onboarding e Gamification: un abbinamento naturale

Il 2015 della Gamification: cosa ha funzionato e cosa no

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Il 2015 sta volgendo al termine e considerando i numerosi dati e le varie previsioni che nell’arco dell’anno abbiamo riportato fra le pagine del blog può essere interessante, arrivati a questo punto, controllare come effettivamente si sono evoluti il mondo della Gamification e della Learnification negli corso degli ultimi mesi.

Un interessante articolo comparso sul sito specializzato elearningindustry si è rivelato decisamente utile a raccogliere informazioni riguardo allo stato attuale della Gamification sul mercato, del mondo del lavoro e, nello specifico, dell’e-learning, ambito particolarmente caro a noi di Gamification.it. Da notare che l’articolo in questione, sebbene datato, fa riferimento a studi che vengono costantemente aggiornati e rivisti al fine di rimanere attuali ed affidabili.

Come dicevamo, tenere sotto controllo l’evoluzione e le variazioni a cui la Gamification è sottoposta è senza dubbio un fattore di importanza fondamentale per chi, come noi, cerca di studiarne gli effetti e l’impatto sul mercato e sulla società in generale.

Di seguito abbiamo pertanto deciso di riportare una serie di interessanti facts, pillole informative se vogliamo, da condividere con i nostri lettori.

Prima di tutto, qualche curiosità relativa al mondo dell’e-learning:

  • Stando a studi oggi largamente diffusi, una qualunque azienda può arrivare a risparmiare ben il 70% del budget dedicato alla formazione semplicemente sostituendo alle vecchie e tradizionali procedure di training le più recenti procedure di e-learning (IOMA 2002). Non si tratta, va detto, di un passaggio privo di qualsivoglia difficoltà: ogni variazione delle routine aziendali richiede un certo sforzi, impegno ed il necessario tempo,  ma è importante non arenarsi pensando che il cambiamento comporti più fatica che benefici;
  • Circa 20 milioni di studenti universitari in tutto il mondo seguono ad oggi almeno 1 corso online. E’ previsto poi che entro il 2019 circa la metà di tutti I corsi universitari saranno svolti online: questo dato è importante per aiutarci a capire quando i metodi di “apprendimento digitali” stiano diventando comuni e di come presto rappresenteranno, verosimilmente, la norma;
  • Secondo stime consolidate, entro la fine del 2015 è previsto che il mercato dell’e-learning arrivi a valere circa 107 miliardi di dollari, cosa che lo renderà il mercato relativo all’educazione con la crescita più rapida;

Passiamo ora a dati più circostanziati, relativi alla Gamification ed all’influenza che questa attualmente esercita o potrebbe esercitare sul vasto (e proficuo) mercato dell’e-learning:

  • Per quanto possa risultare incredibile a dirsi, secondo ricerche conclusesi nel 2014, ben il 75% della popolazione occidentale è composta da gamer. Va specificato tuttavia che per lo più si parla di giocatori casuali e non regolari. Solo il 25% circa della popolazione può essere inscritta nell’insieme dei giocatori regolari;
  • Come chiunque si occupi di formazione a livello professionale sa bene, generalmente quando “studiamo” qualcosa siamo in grado di richiamare alla mente circa il 10% di quello che abbiamo letto e il 20% di quello che abbiamo sentito. Se al processo uniamo anche un supporto visivo (ad esempio una presentazione di qualche genere) la percentuale di acquisizione dei contenuti sale a circa il 30%. Infine, se possiamo osservare direttamente qualcuno compiere una serie di azioni correlate all’argomento in studio mentre questo viene spiegato, la percentuale sale fino al 50%. Tuttavia, e qui entra in gioco la Gamification, abbinando a tutti i passaggi precedenti la possibilità di svolgere “personalmente” un incarico, di essere cioè coinvolti attivamente nel processo di apprendimento la percentuale di apprendimento dei contenuti sale addirittura al 90%;
  • Circa l’80% delle persone interpellate in merito ha affermato che la produttività sul luogo di lavoro (o all’università) aumenterebbe considerevolmente se fossero impiegate meccaniche mutuate dai giochi, in pratica cioè se fosse usata la Gamification in qualche sua declinazione;
  • Sulla stessa scia, il 60% degli interpellati si dicono convinti che  l’impiego di leaderboard ed una maggiore “competizione” (purché sana, non sclerotizzata o estremizzata) sul luogo di lavoro aumenterebbero le motivazioni e la spinta verso il miglioramento;
  • Inoltre, l’89% si sentirebbe più gratificato e maggiormente coinvolto in un processo di learnification se questo comprendesse un qualche sistema di punteggio;

Ancora più nello specifico, ecco una breve panoramica di quelle che sono le meccaniche normalmente più apprezzate dall’utenza quando si parla di Gamification:

  • Prima di tutto l’avanzamento tramite livelli, elemento che conferisce una concreta sensazione di “evoluzione” del proprio status e con essa un reale appagamento;
  • In secondo luogo, l’assegnazione di un punteggio in seguito ad una serie di azioni svolte;
  • Risulta in media particolarmente apprezzato anche l’impiego di avantar da utilizzare come rappresentazioni virtuali. Questo aspetto contribuisce ad alleggerire il peso dell’esperienza ed a ridurne la formalità, rendendola meno oppressiva e stressante;
  • Infine, molto utile l’utilizzo di una “moneta virtuale” grazie alla quale poter effettuare acquisti di beni particolari correlati all’esperienza di “gioco“ (gamificata);

Ma non è tutto: dopo aver analizzato un gran numero di piattaforme gamificate, l’autore del libro “How Gamification Reshapes Learning”, ha individuato un’ulteriore serie di logiche, caratteristiche e meccaniche gamificate che la rendono una “metodologia” di successo. Queste sono:

  • Il comunicare in modo costante ed affidabile i progressi ottenuti dagli utenti (attenzione: si parla di progressi, non necessariamente di tutti i risultati ottenuti. Questa è una distinzione che tratteremo di nuovo in seguito);
  • La gestione oculata dell’engaging dell’utenza, in pratica del suo coinvolgimento. Una delle principali caratteristiche della Gamification è infatti proprio quella di riuscire ad aumentare sensibilmente il senso di coinvolgimento fra coloro che la utilizzano;
  • La possibilità di rinnovarsi e di somministrare sempre nuove esperienze e stimolanti sfide, senza ripetersi;
  • La capacità di instillare nell’utenza la sensazione di aver raggiunto dei traguardi concreti;

Non tutti gli aspetti di una piattaforma gamificata raccolgono però lo stesso entusiasmo e producono gli stessi risultati: a fronte di meccaniche che vengono immediatamente percepite come positive, ne troviamo altre che invece incontrano in media maggior “resistenza” da parte dell’utenza, portando così a risultati meno eclatanti, quanto meno nel breve periodo. Queste secondo le ricerche odierne sono:

  • Laddove una sana competizione è quasi sempre vissuta come un elemento positivo, troviamo invece che la competizione forzata e diretta fra amici viene percepita come un inutile elemento di atrito;
  • Altro fattore direttamente in contrasto con uno dei punti dell’elenco precedente, è la meccanica del “gifting”. La possibilità di fare acquisti grazie all’impiego di una moneta virtuale è, come evidenziato in precedenza, accolta molto positivamente: diversa invece la reazione se si parla della possibilità di “regalare” ad altri utenti beni, effetti o virtual goods di qualunque tipo. Riassumendo quindi: “acquisto si”, “regalo no”;
  • Un punto ora piuttosto delicato, che prende in esame una meccanica dai risvolti piuttosto ampli. Stando alle statistiche più recenti, quando si parla di Gamification l’utenza tende a non apprezzare in modo particolare l’approccio relativo alla narrazione attiva, quella meccanica cioè che porta l’utente stesso ad essere protagonista di una storia o comunque di un flusso narrativo. Questo non deve essere tuttavia inteso come una resistenza da parte dei partecipanti a prendere parte a qualunque forma di narrazione più partecipata e che richieda in certo livello di interazione, come nel caso dello storytelling: quello che viene accolto con resistenza è l’essere “trascinati” nel ruolo del protagonista di una vicenda. Chiedere ad un utente, ad esempio, di prendere una decisione che possa influenzare lo svolgimento di una storia è visto positivamente, purché l’utente sia posto all’esterno della storia stessa, come nel caso di uno spettatore e non coinvolto direttamente, come appunto nel caso del protagonista della storia. Cercando quindi di riassumere in poche parole: “spettatore attivo, si”, “protagonista, no”;
  • Ultima meccanica da evitare nella progettazione di un’efficace piattaforma gamificata sono i feedback in tempo reale. Ricevere feedback relativi alle proprie azioni è visto come un fattore utile e positivo, ma solo fintantoché questi non vengano rilasciati, appunto, in tempo reale. Per fare un esempio: dopo aver svolto un questionario, è percepito come elemento positivo ricevere un feedback sull’esito complessivo del proprio lavoro. Diversa invece la reazione se questo feedback viene dato immediatamente dopo aver risposto ad ogni singola domanda del questionario. Questo approccio infatti tende a deconcentrare l’utenza e a comprometterne la performance;

Ormai la Gamification è presente sul mercato da diversi anni: l’utilizzo sempre maggiore di questa metodologia di lavoro ha reso possibile un’analisi accurata della sua efficacia nonché la raccolta di statistiche utili a migliorarne in futuro l’impatto e la resa. Il 2015, ormai quasi concluso, si è rivelato un anno incredibilmente produttivo per questo settore, gettando le basi per un ulteriore crescita e sviluppo.

Non ci rimane quindi che continuare ad osservarne e a studiarne attentamente il fenomeno, in attesa dei nuovi e stimolanti sviluppi che certamente non tarderanno ad arrivare.

E-Learning: glossario dei termini

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Su questo blog è capitato in diverse occasioni di parlare non solo di Gamification e di e-learning ma anche in generale di progetti e prodotti che possono essere considerati parte della “galassia delle esperienze gamificate”.

Non ci siamo mai soffermati tuttavia sul tentativo di dare una definizione, per quanto approssimativa, delle varie tipologie di esperienza di cui normalmente trattiamo: l’obiettivo di questo post è appunto quello di fornire qualcuna, per quanto semplice ed approssimativa, soprattutto relativamente alle categorie più importanti o più spesso menzionate nei nostri articoli.

Ecco quindi un breve elenco:

  • E-LEARNING: partiamo da quello che è senz’altro il termine più generico, utilizzato per definire più che prodotti specifici un vero e proprio approccio alternativo all’apprendimento e che comprende al suo interno tutte le altre voci presenti nell’elenco. Con e-learning si intende infatti l’impiego di tecnologie multimediali grazie alle quali veicolare l’apprendimento, migliorandone l’efficacia e la fruibilità generale. Un ulteriore definizione potrebbe essere quella che indica l’e-learning come “l’apprendimento tramite canali elettronici”. Designing Digitally, una società specializzata nello sviluppo di prodotti ed esperienza basate sui principi dell’e-learning, fornisce un’interessante infografica sul tema che potete trovare a questo indirizzo;
  • MOOCS: sigla che sta per “Massive Open Online Courses” ed indica in pratica dei corsi da svolgersi on-line, pensati per la formazione a distanza di numeri elevati di utenti. Si tratta di un fenomeno presente sulla scena già da diversi anni ed ancora in grande espansione: basti pensare che il New York Times definì già il 2012 come “l’anno dei MOOC”: generalmente questi si focalizzano su corsi di tipo universitario grazie ai quali mettere liberamente a disposizione materiale didattico. Il primo MOOC fu molto probabilmente quello tenuto nel 2008 dai professori George Siemens e Stephen Downs, che col loro corso “Connectivism and Connective Knowledge”, riuscirono a raggiungere migliaia di utenti contemporaneamente. Del contenuto del corso e dei suoi risultati abbiamo già avuto modo di parlare in un nostro precedente articolo;
  • GAMIFICATION: eccoci arrivati alla Gamification. Come definire, in poche parole ed in modo chiaro, questo processo? Una definizione da dizionario potrebbe essere la seguente: la Gamification consiste “nell’utilizzo di elementi mutuati dai giochi e delle tecniche di game design in contesti esterni ai giochi, al fine di incrementare la partecipazione ed il coinvolgimento”. Si tratta forse di una definizione un po’ arzigogolata ma che comunque è utile per rendere a chiarire l’argomento. Abbiamo più volte elencato gli elementi tipici della Gamification e delle meccaniche gamificate, come l’aggiunta di barre di avanzamento, di punti, di badge che certifichino i progressi degli utenti e via discorrendo, così come abbiamo più volte riportato esempi di esperienze gamificate nei nostri precedenti post: non ci dilungheremo pertanto nuovamente in questa sede;
  • SERIOUS GAMES: si tratta di prodotti di cui abbiamo parlato poco fino ad ora ma che in futuro riceveranno senz’altro maggiore attenzione. In pratica, a differenza della Gamification dove troviamo si meccaniche mutuate dai videogames ma comunque all’interno di piattaforme ed esperienza che chiaramente non lo sono, un serious game è un gioco vero e proprio ma pensato con uno scopo preciso, diverso dal mero intrattenimento. Un serious game possiede de facto tutti gli elementi tipici dei normali “game”, primo fra tutti un reale gameplay, ma ha finalità differenti che possono comunque essere le più varie e disparate (l’insegnamento è solo una di queste). Andrzej Marczewsky tempo fa ha scritto un interessante articolo in merito alla distinzione fra Gamafication e Serious Game. A questo indirizzo potete consultare un’altra infografica molto ben  realizzata, sempre ad opera di Designing Digitally, o questa ad opera di On Serious Games. A questa categoria appartengono anche tutti quei giochi che vengono normalmente definiti “Educational Games”, cioè videogiochi pensati principalmente allo scopo di “insegnare” o di trasmettere un qualche tipo di “valore”;

Concludendo, riportiamo un utile diagramma realizzato sempre da Marczewsky, in cui si evidenziano le differenze fra le varie categorie in base agli obiettivi in fase di progettazione

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Notiamo ad esempio che i Serious Games sono posizionati nel settore del diagramma più lontano dalla voce “Fun” (divertimento). Con questo non si vuol intendere che un gioco di questo tipo non possa essere divertente, ma semplicemente che l’obiettivo con cui un Serious Game viene creato esula dal semplice divertimento/entertainment.

Sovraccarico Cognitivo: un breve approfondimento

ChromaStock_41128083Nei recenti articoli pubblicati sul nostro sito abbiamo affrontato in diverse occasioni, anche se sommariamente, le tematiche relative all’attenzione: in particolare abbiamo parlato delle metodologie e degli approcci grazie ai quali riuscire a gestirla nel modo migliore, soprattutto tramite l’impiego corretto di meccaniche gamificate.

In pratica abbiamo cercato di spiegare come evitare di incappare nel fenomeno, ormai largamente diffuso, del sovraccarico cognitivo.

Per una questione di completezza dell’informazione, pur rimanendo comunque nei parametri di una semplice divulgazione non specialistica, vorremmo approfondire brevemente l’argomento, chiarendo a cosa ci si riferisce quando si parla di questo genere di sovraccarico, per poi eventualmente tornare a concentrarci in modo più specifico, in futuri articoli, sulle tecniche più indicate per evitarne i rischi.

Iniziamo quindi col chiarire l’oggetto alla base dell’odierna discussione. Una delle definizioni più comuni del fenomeno è la seguente: il sovraccarico cognitivo (o information overload) è il fenomeno che si verifica quando si ricevono troppe informazioni per riuscire, in qualche modo, a prendere una decisione coerente sulla quale focalizzare la nostra attenzione.

Prima di continuare è necessario fare una dovuta precisazione: saltuariamente l’information overload viene erroneamente confuso con il cosiddetto “paradosso dell’asino”. Va invece specificato che i due fenomeni differiscono completamente in quanto il paradosso di Buridano è dovuto sostanzialmente all’incapacità di un individuo di fare una qualunque valutazione, indipendentemente dal quantitativo di informazioni a disposizione in una data situazione.

Chiusa la precisazione, passiamo ora ad analizzare quale potrebbe essere la causa scatenante dietro all’information overload o, come è stato recentemente ri-etichettato, al “data smog” o “information glut”: verrebbe da pensare, ad esempio, che la società moderna con il relativo progresso tecnologico e la diffusione di internet abbia contribuito al propagarsi del fenomeno. Ma è davvero possibile ricondurne l’origine alla società attuale ed alle sue caratteristiche?

In realtà si può affermare con discreta sicurezza di no: soprattutto non deve essere fatto l’errore di pensare che il fenomeno sia nato solo in tempi recentissimi. Già Bertrand Gross, un famoso sociologo statunitense, riportò nel 1968 nella sua opera “The Managing of Organizzations” che il sovraccarico cognitivo “si verifica quando le informazioni fornite ad un sistema eccedono la sua capacità di elaborazione”.

Si evince quindi come il problema sia noto da tempo e come le moderne tecnologie, di rimando, non ne siano state la diretta causa: vero è però che grazie alle recenti evoluzioni nei campi della comunicazione e soprattutto nell’accesso all’informazione, questo tipo di sovraccarico abbia potuto largamente diffondersi. Basti notare che, come analizzato da Richard Saul Wurman nel suo libro “Information Anxiety”, oggigiorno “l’edizione del week end del New York Times contiene più informazioni di quelle che, nell’Inghilterra del diciassettesimo secolo, una persona nella media avrebbe raccolto nell’arco di tutta la propria vita”. Non solo: Emanuel Rosen, esperto nella gestione e nell’analisi dell’informazione, segnala che stando alle ricerche più recenti ognuno di noi, in quanto consumatore/cliente, viene esposto giornalmente a più di 1500 annunci pubblicitari, ognuno con le sue peculiarità, le sue richieste e, appunto, le sue informazioni.

A fronte di tutto questo è normale domandarsi come sia possibile, per noi, riuscire a dare un senso a tutto quello che vediamo e ascoltiamo ogni giorno: la risposta è che generalmente non lo facciamo. Ci limitiamo a concedere via via sempre meno tempo all’analisi di ogni singola informazione con cui veniamo in contatto, arrivando a scartarne la maggior parte senza averla compresa. Quando questo processo di scrematura si esaspera oltre un certo limite, arriviamo appunto all’infomation overload.

In base a questi dati non risulta poi così strano osservare come l’allontanarsi dagli eccessi delle moderne tecnologie, compiendo una sorta di “ritorno alle origini”, sia percepito come un importante passo verso una ritrovata “pace dei sensi”: esperienze che puntano tutto sul concetto di relax sono diventate sempre più allettanti, così come la semplice ricerca del “silenzio”, in vacanza o nel nostro tempo libero, diventata un vero e proprio trend negli ultimi 20 anni…

Detto ciò, chiudiamo questo breve approfondimento con una semplice domanda: siamo veramente sicuri che il sottrarsi al flusso dell’informazione rappresenti la strada migliore per evitarne i rischi?

Gamification vs Sovraccarico Cognitivo

Sovraccarico 3Tempo fa mi è capitato di leggere, in uno dei blog specializzati in Gamification/Learnification che di solito frequento, un curioso articolo riguardo alla predisposizione delle persone a darsi periodicamente degli obiettivi ma a mancare, con una frequenza preoccupante, di raggiungerli. In questo articolo, scritto dal Digital Strategy Joseph Cole, venivano presi in analisi come incipit per avviare una riflessione i classici “buoni propositi” di fine anno, una cosa che nel bene o nel male moltissimi di noi tendono a fare quando, al termine dell’anno, ci ritroviamo a valutare quanto abbiamo realizzato nel periodo trascorso e soprattutto cosa vorremmo riuscire a realizzare nell’immediato futuro. Come osservato da Cole, questi propositi tendono ad essere più o meno condivisi e possono essere riassunti in poche categorie, quali:

  • Migliorare le proprie condizioni fisiche;
  • Passare più tempo con la propria famiglia;
  • Genericamente “imparare qualcosa di nuovo”;
  • Ecc…

Nella media, come dicevamo, si tratta di obiettivi che molti di noi si trovano a condividere e che ci piacerebbe riuscire a realizzare: tuttavia, stando ad una serie di ricerche psicologiche (ad esempio quelle effettuate dal professor Richard Wesiman), nonostante le nostre buone intenzioni. una volta assegnatici degli obiettivi tendiamo a fallire nel conseguirli ben nell’88% dei casi. In pratica, quando ad inizio di ogni nuovo anno ci affidiamo dei compiti che vorremmo portare a termine per migliorare la nostra qualità della vita, è probabile che finiremo col non riuscire a portarli a termine. Questa tendenza è in parte dovuta ad una serie di fattori ricorrenti e perfettamente comprensibili, come:

  • La nostra tendenza a procrastinare e quindi a perdere motivazione;
  • Il poco realismo nell’assegnarci obiettivi decisamente fuori portata o semplicemente il numero eccessivo di obiettivi che ci assegniamo; – La poca chiarezza negli obiettivi che ci diamo, che spesso tendono a rimanere fin troppo vaghi;
  • La nostra tendenza a rimanere ancorati alle nostre abitudine, che de facto ci rendono difficile “cambiare”;

In pratica ognuno di noi desidera il cambiamento, il miglioramento: il problema è che negli sforzi a lungo termine la gratificazione tarda a manifestarsi, quindi tendiamo a perdere motivazione e di lì a poco abbandoniamo del tutto i propositi che ci eravamo dati. Quando Cole nel suo articolo ha paragonato il cervello ad un muscolo che in quanto tale deve essere allenato per poter migliorare, non ha detto nulla che non sia comunemente risaputo ed accettato. Prima di capire in che modo la Gamification possa aiutarci in questo ambito, è però il caso di addentrarci leggermente di più nell’argomento: ad esempio, quello che la maggior parte delle persone probabilmente non sa è che la parte del cervello che presiede alla forza di volontà ed in generale sovrintende al raggiungimento degli obiettivi a medio-lungo termine è la corteccia pre-frontale. Questa parte del cervello è inoltre responsabile della nostra capacità di concentrazione e di “pensiero astratto”: tutto ciò per chiarire che la corteccia pre-frontale presiede ad un’ampia lista di compiti e mansioni. Tuttavia, per quanto si possa allenarla, questa parte del cervello non è in grado di gestire un numero infinito di stimoli e far fronte ad una quantità indeterminata di richieste: se eccessivamente stimolata infatti (ad esempio con una lista esageratamente lunga di “buoni propositi”) la corteccia pre-frontale potrebbe raggiungere quello che comunemente viene definito “sovraccarico cognitivo”. Si tratta di una condizione in cui, a causa del numero eccessivo di stimoli ricevuti, risulta impossibile effettuare decisioni o scelte sulle quali focalizzare l’attenzione. Inevitabilmente questa condizione impedirà di portare a compimento gli obiettivi preposti. Non avete mai fatto caso, ad esempio, di quanto sia più facile dimenticarci di qualcosa quando siamo stanchi o stressati? Detto questo, è arrivato il momento di spiegare come la Gamification possa aiutarci in casi simili: per quanto possa sembrare strano infatti, le meccaniche della Gamification possono aiutarci anche in questo ambito, favorendo il giusto approccio. Ecco una lista di semplici suggerimenti mutuati dalla sue meccaniche e che, se correttamente applicati, senz’altro ci aiuteranno a raggiungere risultati migliori:

1. Ricordarsi del “fattore divertimento”: è provato che la nostra motivazione raggiunge il massimo del potenziale quando ci si affaccia a qualcosa di nuovo. Mettetevi in gioco ed iniziate ad impegnarvi quando i propositi che vi siete dati sono ancora “freschi” e non dopo periodi di tempo lunghi: una buona strategia è quella di scrivere una lista con i nostri obiettivi e per ognuno di essi preparare delle “task” o “missioni” che si possano realizzare nel breve periodo;

2. Non sottovalutate il fatto che il cervello è una macchina fatta per risolvere problemi e trovare soluzioni: questo vuol dire che quando il cervello “incontra” un nuovo problema o una nuova condizione, qualunque essa sia, immediatamente cercherà di decifrarne lo schema al fine di giungere alla sua soluzione. Trovare queste soluzioni può essere un procedimento interessante, ma una volta venuto a capo dello schema dietro al problema il cervello tenderà inevitabilmente, e velocemente, ad annoiarsi. E’ bene sottolineare che questo è un fenomeno inevitabile, si tratta di un semplice processo di causa-effetto che fa parte della nostra natura. Quando si comincia ad annoiarsi, si tende a perdere la propria motivazione: perdendo motivazione, si tende via via ad impegnarsi sempre di meno e questo, quasi inevitabilmente, porta sul lungo periodo a fallire la missione e/o l’obiettivo che ci si era assegnati. Consapevoli di questa nostro “limite” intrinseco, possiamo provare ad aggirarlo al fine di mantenere sempre alta la nostra risolutezza, ad esempio cambiando periodicamente le nostre routine e cercando di volta in volta via sempre nuove per raggiungere i nostri obiettivi. Così facendo eviteremo la noia ed allontaneremo lo spettro del fallimento;

3. Fare attenzione a ridurre il “sovraccarico cognitivo”: ognuno di noi tende a bloccarsi in preda all’indecisione quando abbiamo di fronte troppe possibili scelte. Come accennato in precedenza, la corteccia pre-frontale ha dei limiti e non può far fronte ad un numero indeterminato di obiettivi. Ricordiamoci inoltre che si è innegabilmente più produttivi quando si vedono i risultati dei nostri sforzi: dobbiamo stare attenti a mantenere il numero di obiettivi che vogliamo raggiungere entro un certo quantitativo ragionevole, magari suddividendoli in parti più piccole così da riuscire a vederne gli esisti positivi con maggior frequenza (ci ricolleghiamo qui al punto 1 in cui veniva menzionata la possibilità di creare delle brevi missioni o task);

4. I compiti che ci diamo devono essere specifici: più un obiettivo è vago, generico, ambiguo, più difficile sarà portarlo a termine. Diamoci compiti chiari, così da portene controllare meglio i progressi;

5. Cerchiamo sempre di darci delle nuove abitudini/nuovi comportamenti: come detto sopra, è importante dividere i nostri macro-obiettivi in task o missioni più semplici, così da poterne monitorare i progressi. Un ulteriore lato positivo di questo approccio è che rende più semplice individuare i comportamenti che portano ai risultati desiderati: questa consapevolezza può aiutare a creare nuove abitudini basate sui suddetti comportamenti e quindi facilitare ulteriormente il conseguimento dei risultati. Assegnarsi punti o semplici medaglie ogni volta che si riesce a riprodurre un certo comportamento (che sappiamo essere produttivo) è un buon modo per agevolare la formazione di nuove abitudine;

Quelle sopra elencate sono tecniche comunemente utilizzate sia nella Gamification che nella Learnification, ma che possono senz’altro essere applicate con successo anche in altri ambiti da un gran numero di categorie di persone: tutti infatti ci troviamo di fronte quasi quotidianamente a dei nuovi obiettivi da raggiungere. Sapere come approcciarsi ad essi per massimizzare le possibilità di successo rappresenta un grande vantaggio.