La gamification e il design comportamentale

Nello scorso articolo abbiamo analizzato i principi alla base della gamifcation e abbiamo individuato quattro strategie che possono essere utili per riuscire a coinvolgere le persone a mettersi in gioco e a confrontarsi con gli altri. Oggi andremo ad approfondire la prima: il design comportamentale. La gamification deve mettere al centro l’utente, progettando un percorso di engagement partendo dalla persona.

Sotto tale accezione, il design comportamentale connesso alla gamification è la costruzione di esperienze ad alto tasso di coinvolgimento per guidare e influenzare le decisioni degli utenti.
Come il game designer che nella progettazione di un videogioco deve mettere al centro il giocatore, il gamification designer deve mettere al centro l’utente, sia esso un cliente, un dipendente o un collaboratore. Lo scopo dei due designer è lo stesso: riuscire a costruire un ambiente, un’esperienza capace di influenzare e indirizzare le persone per raggiungere un determinato obiettivo.

Il ruolo del giocatore è quello di svolgere AZIONI finalizzate ad una RICOMPENSA entro i limiti stabiliti dalle REGOLE di gioco. Questa frase riassume i tre elementi caratteristici di qualsiasi gioco:

AZIONI

Le azioni rappresentano  quello che il giocatore deve fare, l’impegno che ci deve mettere, la “fatica” che deve provare per  raggiungere un determinato obiettivo. Quindi l’azione è il SACRIFICIO che una persona deve compiere per raggiungere l’obiettivo.

RICOMPENSA

La ricompensa è il premio che il giocatore riceve alla conclusione della sua missione. I giocatori devono sentirsi soddisfatti da quello che hanno fatto. Gli sforzi che si compiono devono essere riconosciuti. La ricompensa dunque rappresenta BENEFICIO a cui il giocatore mira.

REGOLE

In ogni gioco esistono delle regole che sono le linee guida del gioco, vanno a definire il gioco stesso. Se non ci fossero delle regole non esisterebbe nemmeno un gioco. Quindi le regole servono a definire il CONTESTO.

Il game designer deve prestare particolare attenzione a tutti questi tre elementi, il suo compito deve essere quello di aumentare la percezione di beneficio e ridurre quella di sacrificio, creando o variando un contesto che spinga l’utente verso il raggiungimento di un obiettivo che sia sempre percepito come raggiungibile e, nel contempo, appagante. Il rapporto costo-beneficio è molto importante per far sì che una persona si senta coinvolta in quello che sta facendo. Se, ad esempio, i costi generati dal contesto superassero i benefici, il giocatore abbandonerebbe il “gioco”; se, invece, l’obiettivo fosse troppo semplice da raggiungere (“poco sfidante”), il beneficio associato potrebbe essere percepito dai più come di poco valore (ad esempio, potrebbero pensare “dato che tutti possono raggiungere l’obiettivo, non è differenziante, non è motivo di vanto”).

Volkswagen Speed Camera LotteryUna semplice applicazione di quanto appena affermato può essere ravvisata in un progetto ideato all’interno dell’iniziativa “The theory of fun” promossa da Volkswagen:  la Volkswagen Speed Camera Lottery. Il progetto è datato, risale al 2010, ma ve lo riportiamo ugualmente perché lo reputiamo assolutamente immediato ed illuminante.

Se siete dei guidatori, magari vi sarà capitato di non rispettare un limite di velocità, o almeno di essere stati invogliati a farlo; forse, quindi, vi sarà successo di vivere il “rispettare i limiti di velocità” come un sacrificio. La strategia classica per far rispettare i limiti di velocità è l’applicazione di una multa, resa certa dall’utilizzo degli autovelox. Dal punto di vista del design comportamentale, l’autovelox ha l’obiettivo di rendere certo un sacrificio elevato al guidatore che supera i limiti, superiore al sacrificio percepito derivante dall’andare piano.
Ebbene Volkswagen ha testato un modo diverso per incentivare (non forzare) le persone a rispettare i limiti di velocità: la Speed Camera Lottery. L’idea è semplice: prendere un normale autovelox (il cui compito rimane quello di rilevare la velocità), mantenere la punizione/sacrificio della multa per i trasgressori, ma premiare i guidatori che rispettano i limiti di velocità (dunque, aggiungere un beneficio). Come funzionava quindi la Speed Camera Lottery? I soldi ricavati dalle multe furono utilizzati per creare un gioco, una lotteria, dove i partecipanti erano coloro che avevano rispettato i limiti di velocità. La Speed Camera Lottery fu messa in atto nella realtà a Stoccolma, dove si registrò una riduzione della velocità media del 22% … e tutto, semplicemente, grazie all’introduzione di un beneficio, non di un ulteriore sacrificio.

Una strategia di creazione di benefici è l’utilizzo di badge e certificati, per riconoscere i risultati raggiunti. In un contesto aziendale, ad esempio, l’utilizzo di badges o openbadges a conclusione di un percorso formativo o di un contest sulle performance può rappresentare per la persona un elevato beneficio. L’utente, infatti, vede riconosciuti e può facilmente comunicare i propri sforzi, le capacità e le competenze acquisite (in altri termini, il “livello” raggiunto, altra meccanica classica dei videogiochi). L’utilizzo di questo tipo di riconoscimenti, inoltre, può consentire alla persona di aumentare la propria “employability” (la propria spendibilità sul mercato del lavoro, la dimostrazione della propria idoneità a ricoprire un ruolo).
In generale, i badge e i certificati rappresentano un valore per l’utente ogni volta che sono in grado di migliorare la sua immagine, ogni volta che per lui rappresenteranno degli strumenti di “personal branding”: non ha dunque alcun valore la medaglia “bravo, hai raggiunto 40 punti”, ma può essere importante il badge “real Vasco fan” per il fan di Vasco, “eco-friendly” per chi vuole condurre uno stile di vita sostenibile, “il più performante 2020” per il commerciale, etc. etc. Naturalmente, più è autorevole chi emette il badge (Issuer), più il badge ha valore.

Oltre all’aumento della percezione di beneficio, si può lavorare sulla riduzione della percezione di sacrificio. Quando ci sentiamo costretti a fare qualcosa, o quando la ricolleghiamo ad un dovere, la facciamo meno volentieri di quando siamo noi stessi a decidere di farla. Come sempre, è una questione di percezione e la gamification può consentire di “alleggerire” il contesto nel quale viene applicata, rendendolo più attivo, dinamico e coinvolgente. L’utilizzo di dinamiche di gioco può dunque incentivare le persone a prendere parte alle attività, può motivarle maggiormente alla partecipazione.

Ad esempio, pensate alla percezione di fatica normalmente associata ad un programma formativo aziendale … e se invece fosse possibile trasformarlo in uno strumento di reale partecipazione? È quello che, ad esempio, abbiamo fatto con Skillato® (www.skillato.com) nel progetto AllianzExpo: ogni direzione aziendale doveva organizzare la propria “esposizione digitale”, raccontando, sotto forma di Learning Object, i propri progetti per il futuro di Allianz; vinceva la gara gamificata chi raggiungeva il maggior numero di “visitatori” aziendali, otteneva le migliori recensioni, riusciva a farsi capire maggiormente (utilizzando un linguaggio chiaro e condiviso). AllianzExpo era fondamentalmente una piattaforma e-learning, ma consentiva ai team di vantarsi dei progetti realizzati; alle persone di farsi “i fatti degli altri” (come succede in qualsiasi social network”) ma imparando, informandosi e conoscendo i colleghi; a tutti di competere per i premi finali. I risultati sono stati straordinari: 96% della popolazione (4.800 dipendenti) ingaggiata, che ha partecipato e si è formata volontariamente in media più di 5,5 ore in 6 mesi (per dettagli: https://www.alittleb.it/it/portfolio-case-study/allianz-expo/). Dato il successo, il progetto si è poi ulteriormente evoluto ed è divenuto Allianz 4All: un progetto per il change management informato, partecipato e incentivato.

Un’ulteriore strategia di ottimizzazione del rapporto costi/benefici è quella di creare su un sistema Micro-sacrifici e Micro-benefici continuo, un alternarsi di missioni e riconoscimenti, in modo tale che il sistema proponga sempre obiettivi di rapido e semplice raggiungimento e la persona veda continuamente riconosciuti i propri piccoli sforzi. Il principale obiettivo di questa strategia è quello di modificare la distribuzione dei sacrifici e benefici: la ricompensa e, dunque, i benefici devo essere “avvicinati”, rendendoli anche più certo per la persona; i sacrifici devono essere divisi, “annacquati”, in modo da non sembrare un ostacolo insormontabile.

Un esempio di strumento che lavora proprio su questi principi è quello dei fit tracker. La salute e la prestanza fisica sono naturalmente dei benefici enormi per chiunque; tuttavia, quando si inizia un programma di allenamento, ad esempio iscrivendosi in palestra, il sacrificio iniziale, sia fisico che di modifica delle abitudini, è molto elevato e l’effettivo raggiungimento dell’obiettivo è di lungo periodo e incerto; dunque, molte persone abbandonano il programma. I fit tracker, invece, ci fissano degli obiettivi giornalieri, ci incitano a raggiungerli e ci premiano immediatamente (con punti, badge, riconoscimento sociale, offerte) se li otteniamo; monitorano la nostra attività e automaticamente ci pongono degli obiettivi migliorativi non troppo difficili da ottenere. Creano, dunque, un sistema continuo ottimizzato di incentivi e premi che più facilmente di porterà a ottenere il “premio” finale: la salute e la prestanza fisica. Ma non solo, importante in queste applicazioni è anche l’aspetto sociale. Alcune app ci permettono di collegarci con i risultati degli altri, quindi di confrontarci con altre persone e amici e questo ci incentiva ancora maggiormente perché a nessuno piace arrivare ultimo. Se vediamo che un nostro amico ha fatto più chilometri di noi questa settimana proveremo a superarlo.

Il rapporto costi/benefici deve essere uno dei principali aspetti su cui focalizzarsi per riuscire a costruire un contesto che consenta all’utente di raggiungere lo scopo finale. Bisogna sempre ricordarsi che un obiettivo non deve essere visto dall’utente né come impossibile da raggiungere né come troppo facile, un obiettivo deve essere sfidante. La persona deve ritenersi capace di raggiungerlo ma nel farlo dovrà mettere in gioco anche sé stessa. Concetto estremamente utile è lo “Stato di Flow” (l’esperienza ottimale) definito da Mihaly Csikszentmihalyi come uno stato psicologico soggettivo che corrisponde alla completa immersione, della persona, nel compito. Questo stato viene raggiunto proprio quando c’è un bilanciamento tra le capacità (skills) delle persone e le sfide dettate dal compito (challenges). Lo Stato di Flow è correlato ad un raggiungimento di performance migliori e di maggiore creatività. Quando una persona è totalmente coinvolta in quello che fa, non avrà bisogno di ulteriori ricompense o gratificazioni, poiché queste sono già date dal compito stesso, il solo raggiungimento dello scopo o del risultato finale sarà già una ricompensa. Scopo dell’utilizzo del design comportamentale è proprio quello di creare dei contesti dove le persone possano sperimentarsi, mettersi in gioco avendo un bilanciamento tra costi e benefici … e, dove possibile, facilitare per l’utente il raggiungimento di uno stato il più vicino possibile allo “Stato di Flow”.