Una gamification senza punti nè badge

E’ possibile prevedere una gamification che esuli dalla assegnazione di punti e badges? Steve Bocska prova a descrivere un metodo di applicazione della gamification che esuli dalla mera assegnazione di punti e badges, con lo scopo di sviluppare delle esperienze gamificate che possano essere efficaci anche al di fuori del breve periodo.

 

Steve Bocska CEO della Pharm Production di Vancouver, descrive sulle pagine di gamification.co una tipologia di gamification che molto si avvicina a quella da noi professata da molto tempo. Oltre oceano, il concetto di esperienza gamificata sta evolvendo infatti dai primi esperimenti di Foursquare nel 2010 a una nuova forma di gamification che non prevede una mera distribuzione di badges e punti quando l’utente compie una azione (per esempio se si invita un amico nel programma, oppure se effettuiamo alcune azioni definite). All’interno dell’articolo l’autore analizza anche alcuni aspetti di marketing: Bocska sa bene che il marketing si basa anche su far leva sulle giuste corde psicologiche per spingerci ad acquistare, ma allo stesso tempo ricorda che è lasciato agli utenti il libero arbitrio. Sono essi stessi che decidono come comportarsi in relazione alle promozioni.

Questo ovviamente vale anche per la gamification. L’autore pone l’accento sulla qualità del gamedesign per catturare l’attenzione dell’utente. Ecco un’immagine tratta dall’articolo:

Zynga

All’interno del grafico vediamo alcuni dei giochi che hanno abbracciato la gamification nel senso più “rudimentale” del termine. I giochi Zynga qui presentati hanno tutti sfruttato un metodo “bubble-and-burst” che ha sì permesso ad essi di divenire famosissimi e utilizzati da milioni di utenti, ma allo stesso tempo ha visto i numeri calare drasticamente una volta terminato il breve periodo.

Unica linea in contro tendenza è Zynga Poker (la linea verde), ma perché le meccaniche del poker sono da 200 anni considerate bilanciate ed intrinsecamente divertenti, e pertanto non hanno le stesse problematiche degli altri giochi.

L’articolo vuole pertanto far riflettere gli esperti di gamification oltreoceano su un nuovo tipo di gamification, diverso da quello che aveva animato le applicazioni dal 2010 all’ultimo periodo; un trend che, orgogliosamente, vediamo allinearsi a quanto già da tempo scriviamo sul nostro blog (per esempio QUI ). I primi segnali di un cambiamento operato dalle aziende si erano già visti (con decisioni anche drastiche, come Foursquare, di cui parliamo QUI ); occorrerà attendere per determinare se quella invocata da Bocska (e da noi) si rivelerà essere il nuovo trend di periodo.

Potete trovare l’articolo in lingua originale cliccando QUI

Perchè la Gamification non è da ignorare

La Gamification ha ottenuto sempre più attenzioni nel corso del 2012. Alcune testate giornalistiche ne prevedono un veloce abbandono da parte delle imprese nei prossimi anni.

Nel corso del 2012 la Gamification ha visto crescere il proprio utilizzo da parte delle imprese, impegnate a promuovere i propri prodotti e servizi incentivando l’utenza ad adottare determinati comportamenti utilizzando tecniche proprie dei videogames.
L’uso generalizzato della Gamification ha spostato su di essa l’attenzione delle riviste e degli addetti del settore, che ne hanno potuto studiare le dinamiche e i meccanismi che la caratterizzano, così da poter poi aiutare e direzionare le imprese nelle decisioni strategiche per il mercato.

Inc. (Sito di Inc.com), rivista economica americana famosa per la sua annuale classifica delle 500 imprese più in rapida crescita ha da poco pubblicato un articolo con i trends che, a loro giudizio, sono da abbandonare. Al quarto punto della lista, ecco apparire: Gamification. Riportiamo il testo direttamente dall’articolo di Inc.com:

“Games are engaging. Games are fun. Games are interactive. It’s no wonder businesses have jumped on the band wagon to bring game mechanics to things like in-house applications and consumer-facing mobile apps, not to mention other company initiatives. Why shouldn’t a customer get an achievement badge for staying in a hotel or frequently “checking in” to a restaurant?
It might help some companies, but this has all the smell of a silver-bullet solution. If you don’t have practices, insights, offerings, and ways of doing business that can bring customers closer to begin with, using games won’t help.
Gimmicks can work to improve sales, employee productivity, or virtually anything else for a while. In organizational psychology, it’s called the Hawthorne Effect. People start working harder because management is paying attention. But eventually things slow to back to normal levels, because people get used to the new status quo. When all is said and done, games rely on consumer whimsy and can be ephemeral in nature, which probably isn’t what you had in mind for business improvements.”


Dopo una breve presentazione, Erik Sherman fa due considerazioni:

_La prima riguarda un problema che aveva già evidenziato anche noi (Link articolo 80% gartner): le imprese devono saper utilizzare la Gamification unita ad un sempre migliore design, altrimenti si rischia di essere attirati da una errata concezione della Gamification come “Panacea” senza eccessivi costi; se non si è in grado di sviluppare correttamente una strategia gamificata, o offerte adatte al pubblico, utilizzare i giochi non aiuterà a a sollevare le vendite.

_Per la seconda considerazione viene chiamata invece in causa la psicologia: secondo il giornalista, la Gamification è influenzata in qesto momento dall’effetto “Hawthorne”. Secondo questo fenomeno, la Gamification e i suoi addetti starebbero aumentando la produttività perchè percepiscono che l’attenzione del pubblico e delle imprese è su di essi. Quando la situazione si sarà normalizzata, e sarà raggiunto un nuovo status quo, la Gamification verrà abbandonata in breve tempo.

L’effetto è possibile che vi sia, ma l’analisi non tiene conto del fatto che un utente che utilizza la gamification lo fa volontariamente, e quindi non è portato a disinteressarsi dell’argomento in breve tempo. Inoltre occorre tener presente che l’utilizzo di tecniche gamificate non implica la creazione di un gioco; il gioco trova molte meno applicazioni rispetto ad una soluzione gamificata per la promozione di un prodotto, che risulta quindi meno influenzabile da un eventuale “effetto Hawthorne”

Link all’articolo completo su Inc.com
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