Obbligati a divertirsi: un paper sulla gamification

La Wharton School ha pubblicato un paper relativo all’uso della gamification nell’ambiente lavorativo. Se è vero che la gamification sta sempre più divenendo un tool importante ed utilizzato nel contesto aziendale, è anche vero che occorre definire chiaramente l’uso che si vuole fare dello strumento. La difficoltà, si evince dalla ricerca, è conciliare gli obiettivi aziendali e la soddisfazione del lavoratore.

 

L’università della Pennsylvania, attraverso la Wharton School (una delle più prestigiose scuole di economia del mondo), ha da poco pubblicato una ricerca approfondita sull’uso della gamification all’interno dei luoghi di lavoro. L’utilizzo della gamification per i dipendenti è un trend in crescita, in particolar modo viene utilizzata a riguardo delle scelte che riguardano la promozione dei propri valori all’interno dell’impresa e la formazione degli addetti per garantire un miglior servizio agli utenti finali.

L’uso della gamification è quindi in crescita, ma si evince chiaramente dal paper la necessità, secondo i ricercatori, di trovare un connubio tra il prevedere l’esperienza gamificata come qualcosa che possa migliorare la soddisfazione personale del lavoratore (e il suo comfort sul luogo di lavoro) e l’evidente provenienza manageriale del progetto.
E’ impossibile “costringere” qualcuno a divertirsi, dice il paper, e pertanto l’azienda deve essere in grado di mediare tra gli obiettivi aziendali che si vogliono raggiungere e la soddisfazione dei lavoratori. Nell’esperimento compiuto dai ricercatori, i venditori sono stati associati a tre diverse esperienze gamificate, valutando, oltre all’incentivo alle vendite generato dalla gamification, il livello di consenso dei lavoratori nei confronti del loro manager, e hanno verificato che, con un basso grado di consenso, gli incentivi alle vendite dati dall’esperienza gamificata scendevano fino a ridurre le prestazioni stesse.

 

Vi lasciamo con il paper, che potete scaricare a QUESTO link.

La competizione nelle esperienze gamificate

La competizione è da sempre un elemento portante dei giochi; riuscire a portare a termine un obiettivo confrontando i nostri risultati con quelli altrui ci spinge a perfezionarci e a migliorare. Alcune regole (da Mario Herger, guru americano globalmente riconosciuto della gamification) per poter da una parte difendersi da una competizione distruttiva, dall’altra trarre vantaggio per il proprio business da una competizione positiva.

La competizione viene definita da Wikipedia come ” …una gara tra organismi, animali, individui o gruppi per un territorio, una nicchia o una location in gardo di fornire risorse e sostentamento, per prestigio, riconoscimento, premi, dei compagni o un nuovo status sociale, per la leadership; è opposto alla cooperazione”.

La gamification stessa ha a che fare direttamente con la competizione, dato che molti degli strumenti a disposizione sono basati interamente sulla competizione perchè abbiano effetto: una leaderboard, per esempio, si fonda sulla volontà dei giocatori di apparire nelle prime posizioni della stessa, pertanto trova fondamento nel direzionare correttamente la competizione tra gli utenti. Le esperienze gamificate giovano pertanto della competizione, riuscendo a creare tanto più engagement quanto più le persone si sentono in competizione tra loro. In particolar modo risulta importante per le imprese riuscire a creare delle esperienze gamificate di successo per i propri dipendenti; un dipendente che si senta incentivato a competere con i suoi colleghi lavora più duramente e conquista gli obiettivi in poco tempo, proprio per affermarsi come il migliore. Ne deriva che, se l’azienda è in grado di incanalare correttamente i comportamenti dei suoi dipendenti, è in grado di aumentare la propria produttività di riflesso.

 

Herger distingue in primo luogo una competizione “positiva” (tecnicamente chiamata adattativa) e una negativa (o “disadattiva”); la componente adattiva ha come caratteristiche principali la perseveranza dell’utente nel “mettersi in gioco” seguendo le regole, applicandosi al meglio delle sue capacità per migliorarsi senza ossessionarsi dal pensiero di superare gli altri. La componente disadattiva, d’altro canto, è tipica di una persona che si impone di non perdere ad ogni costo, in competizione anche mentre gli altri non sono competitivi e che barerebbe al gioco, se solo fosse possibile. L’articolo prosegue indicando come le differenze di genere (gli uomini tendono a mettersi in gioco avendo anche solo un minimo di possibilità, le donne quando hanno grandi chances per la vittoria), di cultura (ad esempio in oriente l’armonia del gruppo è tenuta più in considerazione rispetto allo sviluppo individuale) e altri fattori demografici possano influire sulla competizione; per questo motivo, occorre che gli esperti di Gamification sappiano implementare al meglio gli strumenti propri di questa tecnica di Marketing, al fine di incontrare al meglio i gusti del pubblico, e allo stesso tempo direzionare la competizione in modo che generi un flow positivo.

Le idee riportate da Herger ci consentono quindi di considerare l’uso della competizione come un prezioso strumento nelle nostre mani, per poter supportare le esperienze create dagli esperti e per poter aumentare l’interesse generato attorno ad essa. Vi lasciamo con l’articolo in lingua originale sul sito di Herger, qui

Il test di Bartle e la personalità del giocatore

 

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Comprendere la personalità dell’utente è utile a chi produce esperienze gamificate per poter prevedere molti aspetti quali la competitività tra gli utenti, la possibiltà di far socializzare gli utenti e molti altri. Il Test di Bartle consente di verificare la personalità dell’utente definendo quattro archetipi di giocatore, ognuno con le proprie caratteristiche e peculiarità. Analizziamo gli archetipi, provando a suggerire per ognuno un possibile sviluppo, all’interno del game design, per poter assecondare le peculiarità di ognuno.

 

Il test di Bartle, ideato dal ricercatore inglese Richard Bartle nel 1996, permette di definire quattro personalità specifiche dell’utente, consentendo al game designer di costruire un’esperienza adatta alle esigenze di ognuno. Le tipologie individuate da Bartle si rifanno soprattutto al contesto MMORPG, ma allo stesso tempo forniscono un’ottima base da cui partire per creare esperienze gamificate, dato che esse si rifanno all’ambiente ludico in generale. Inoltre, vengono utilizzate in numerosi framework relativi alla gamification, come vedremo più avanti. Le “personalità” individuate si rifanno ai semi delle carte, altra analogia con un gioco, e sono:

 

  • Archiever –> Si rifanno ai quadri nelle carte. Questa tipologia di giocatori gioca con lo scopo ultimo di collezionare livelli, equipaggiamento e qualsiasi altra misura di progressione all’interno del gioco. Sono pronti ad eseguire qualsiasi azione pur di ricevere il riconoscimento del proprio prestigio.

Questa tipologia di giocatori viene ingaggiata da giochi che permettono loro di avere dei bonus al completamento del gioco, oppure, in una visuale multiplayer, se possono mostrare il proprio progresso agli altri giocatori e le proprie doti di giocatori ad un pubblico ampio. Sono i giocatori che affollano le leaderboard, per il mero valore che danno al completamento in tutti i suoi aspetti del gioco. Importante per il game designer è prevedere sempre obiettivi variabili da raggiungere: serve infatti una spinta costante per garantire l’affiliazione di questi giocatori all’esperienza, rafforzando nel tempo l’engagement creato con questi giocatori, e permettendo a questi di mostrare le “rarità” sbloccate a tutte la community, per proprio prestigio personale.

 

  •  Explorer –> Ecco le picche, coloro che preferiscono impiegare il tempo sulla nostra esperienza gamificata scoprendo nuove funzionalità, creando livelli personalizzati e in generale dimostrando la propria conoscenza di tutti i segreti dell’esperienza.

Possiamo creare engagement per questi giocatori permettendo loro di esplorare tutte le potenzialità della nostra esperienza, lasciandoli liberi di muoversi come preferiscono, ed inserendo delle aree “segrete” con le quali potranno approcciarsi. Questi giocatori ricevono uno stimolo positivo nello scoprire nuove aree e nel provare tutte le combinazioni possibili del nostro gioco. Agli explorer piacciono esperienze e giochi che non terminano mai di stupire e che si ampliano continuamente, permettendo loro di continuare a trovare nuove conoscenze per poterle poi condividere con la community (accrescendo il proprio prestigio) o mantenendole per sè per un vantaggio proprio.

 

  • Socializer –> Il socializer è colui che  gioca prevalentemente per l’aspetto sociale delle esperienze gamificate, considerando il gioco in sè niente altro che lo strumento per poter guadagnare il massimo ritorno d’immagine creando una rete di contatti attorno a sè. Per il socializer le persone e le relazioni che può creare con esse sono il punto focale dell’intera esperienza.

Per questo, per ingaggiare efficacemente i “cuori” di questi giocatori (si rifà infatti ai cuori questa tipologia), serve offrire all’utente la massima possibilità di interazione, consentendo agli utenti la possibilità di allargare e migliorare le proprie relazioni personali. A questa tipologia di giocatori possono interessare giochi simili alla saga di Fable o MAss effect, che permettono molte interazioni con il gioco vero e proprio; ma è nella possibilità offerta dal multiplayer che il socializer dà il meglio di sè, potendo contare su una rete di contatti con le quali può intrecciare relazioni sempre più strette. Nell’ottica degli MMORPG il socializer è colui che gioca assieme alla propria “gilda” per il solo gusto di affrontare i nemici con i propri amici.

 

  • Killers –> i killers hanno in mente un solo obiettivo: la propria supremazia sull’avversario. Egli compete pertanto con gli altri giocatori per affermarsi; non interessa ai “fiori” essere temuti o detestati, ma solo primeggiare direttamente nel confronto con gli altri giocatori.

Per questo motivo, a questi giocatori interessa avere un rapporto diretto con gli altri player per potersi misurare con essi. Se da un lato il killer può divenire un pericoloso elemento che tenta di primeggiare a tutti i costi sugli avversari, dall’altro il killer spinge per una competizione pulita, apprendendo dai nemici per potersi migliorare assieme ad essi. La prima impressione riguardante i killers li relega ad individui che eliminano le relazioni nei giochi, ma è un pregiudizio scontato ed errato; molto spesso figurano come degli eroi irraggiungibili (se primeggiano) o come delle figure divertenti e sagaci (se recitano la figura del “troller”).

Occorre quindi prestare attenzione alla personalità del proprio pubblico per poter creare esperienze gamificate che possano essere interessanti per tutti; nella definizione del target e nella progettazione dell’esperienza vera e propria, occorre comprendere quali tipologie di persona andremo ad interessare e quali leve dovremo muovere per interessarli alla nostra attività (promozionale, nel caso di business). Torneremo a parlare specificatamente del test di Bartle cercando di toccare più approfonditamente come il test di Bartle viene utilizzato dagli esperti nei propri modelli, potendo così essere di aiuto nella definizione dei progetti gamificati.

Se volete verificare che tipo di giocatore siete, potete provare ad effettuare il test online (è in inglese e tratta in maniera particolare di MMORPG), cliccando QUI

 

 

 

 

Giocare (e perdere) ci aiuta a migliorare

Videogames_migliorano_la_nostra_vita

Uno degli aspetti più interessanti di un ambiente gamificato è la possibilità di ricreare un ambiente “protetto”, all’interno del quale l’utente può migliorare alcuni comportamenti. Vediamo come la possibilità di poter provare un’azione più volte diventa importante, soprattutto in contesto aziendale, per migliorare la produttività dei propri dipendenti.

La possibilità di far vivere delle esperienze in un contesto virtuale può essere di grande aiuto alle persone: ogni giorno milioni di persone giocano a videogames che riproducono delle situazioni di vita quotidiana (a volte opportunamente modificati per adattarsi al game design). I videogiochi possono sembrare strani o fuorvianti (per esempio nella saga di GTA siamo portati ad infrangere le leggi), ma possono insegnare a migliorarci in alcuni task, come nell’esempio citato il guidare per la città ricostruita virtualmente. Il fatto stesso che la città sia virtuale permette al giocatore di non preoccuparsi troppo di eventuali errori, ma la possibilità di imparare a guidare correttamente (rispettando la segnaletica, evitando gli incidenti) è un task presente (e anche supportato dal gioco, dato che la guida spericolata può essere uno dei motivi per il quale la polizia ci inseguirà).
Quindi, il giocatore può impegnarsi a migliorare alcune competenze che si riflettono in seguito nella vita quotidiana: ricorderà come ha affrontato la situazione all’interno del videogioco e riuscirà a trovare la soluzione migliore che è riuscito ad adottare all’interno del contesto virtuale.

Spostando il nostro punto di visione sul contesto aziendale, le applicazioni sono infinite e si prestano alla creazione di serius game per testare e formare le capacità dei propri dipendenti: avendo la possibilità di tarare il game-design sulle necessità del management, i dipendenti possono essere inseriti in situazioni che simulano ciò che potrebbero incontrare durante la loro carriera lavorativa. Avremo così poliziotti alle prese con simulazioni di casi, piloti che affrontano traversate comodamente seduti alla scrivania, impiegati alle prese con clienti fittizi. Unendo la situazione virtuale ad un game-design ben studiato (il game design, per ogni applicazione gamificata è essenziale), consente al dipendente di provare e riprovare, in un ambiente protetto, il proprio task. In questo modo potrà, esattamente come se stesse giocando ad un altro qualsiasi videogame, imparare dai propri errori per non commetterne nella vita reale.

Il vantaggio si sviluppa per tutte le categorie impiegate nel processo produttivo:

  • Il dipendente ha modo di sviluppare le proprie capacità lavorative avendo la possibilità di testare diverse strategie per portare a compimento la missione assegnata. L’apprendimento è portato ad essere più incisivo, dato che avviene in un contesto “fun” che è attivamente ricercato dall’utente .
  • Il management guadagna una formazione attiva da parte dei dipendenti, che risulta quindi migliore a livello qualitativo. L’esperienza è adattata al processo produttivo aziendale, e pertanto il management può decidere su quale aspetto della carriera lavorativa far lavorare i dipendenti. Inoltre è possibile adattare le tecnologie utilizzate al fine di formare sempre più dipendenti, abbattendo i costi per l’azienda.
  • Il cliente ottiene un servizio migliore, formato sulla base delle esperienze accumulate dal lavoratore. Quanti aerei sarebbero dovuti cadere per ottenere la stessa formazione per quel pilota?

La tua azienda è pronta per la gamification?

gamification

 

Applicare tecniche gamificate per il proprio business può essere complicato se non si tengono a mente alcuni principi  fondamentali che possono determinarne il successo o l’insuccesso. Getmoreengagement.com stila le sette domande che l’azienda dovrebbe porsi prima di introdurre la Gamification tra i propri strumenti di Marketing.

 

Secondo Gartner il 40% delle più grandi imprese globali utilizzerà la gamification entro il 2015 nei propri processi di Business; le aziende che stanno muovendosi in direzione dell’adozione di tecniche gamificate sono così numerose che la stessa azienda statunitense prevede entro il 2016 un mercato di 2,8 miliardi di dollari per la Gamification.

 

I nuovi ritrovati tecnologici e l’ideazione di design interessanti per l’utente hanno quindi permesso una grande spinta all’uso della gamification da parte delle imprese. E’ quindi possibile per chiunque utilizzare la gamification come proprio strumento di Marketing?

La risposta è ovviamente negativa: chiaramente, chiunque può utilizzare gli strumenti che desidera nella definizione della propria strategia di Marketing, ma allo stesso tempo non è possibile ottenere risultati agendo senza una direzione precisa. L’esperienza deve creare engagement per il cliente, deve accompagnarlo nel cambiamento dei suoi comportamenti.

 

Per questo, Business2Community stila un interessante serie di domande che puntano tutte verso un unico punto: la nostra azienda  è pronta ad adottare la gamification?

 

  1. Chi è il nostro Target? Occorre avere ben chiaro il target dell’azione di gamification; essa non può essere rivolta “a tutti”, ma deve essere ben progettata per una specifica target audit, che possa coglierla al meglio.
  2. Qual’è il nostro traguardo e i nostri obiettivi? Il focus dell’azione deve essere ben chiaro; meglio prevedere una azione ben mirata e specifica senza disperdere le proprie forze allargando troppo l’azione.
  3. Che azione vogliamo incoraggiare? La gamification si occupa di cambiare i comportamenti degli utenti: serve che l’azienda comprenda attentamente quale cambiamento vuole operare nel comportamento dell’utenza, e lì concentrare i propri sforzi.
  4. Come possiamo monitorare i progressi? Essendo uno strumento di Marketing, la gamification ha bisogno di essere misurabile per comprendere se e quanto l’azione gamificata ha avuto successo o meno.
  5. Che tipo di ricompensa vogliamo offrire? Come in un videogame, l’azione dell’utente deve essere finalizzata all’ottenimento di un benefit. L’azienda deve prevederlo per poter adottare un design adatto al premio.
  6. Come possiamo promuovere l’azione di gamification? Serve definire attentamente i canali attraverso i quale si vuole muoversi: meglio una promozione solo online oppure anche nella vita reale degli utenti?
  7. Che budget vogliamo imporci? Il lavoro creativo deve essere remunerato nella giusta maniera; per questo l’azienda deve prevedere il proprio budget per l’azione gamificata

 

Le domande che Getmoreengagement.com pone permettono ai responsabili delle attività d’azienda di valutare attentamente (ovviamente in maniera preliminare) la scelta di gamificare le proprie attività, prima di rivolgersi ad un esperto del settore.

Potete trovare qui l’articolo in lingua originale.

Caso: l’E-learning Game Experience di Vodafone

Nome del Progetto: Vodafone Supermobile
Categoria: E-learning Game; Gamification / Serious Games / ARG; Comunicazione Interna
Cliente: Vodafone Italia
Technologie: Ludum; HTML5, Actionscript 3.0; Ruby On Rails
Target: 8.000 dipendenti Vodafone


Alittleb.it ha concepito e creato Vodafone SuperMobile, un Alternate Reality Game sviluppato per i dipendenti di Vodafone, al fine di generare e-learning sul mondo degli smartphone.

Lo sviluppo del gioco è stato possibile grazie allo sfruttamento di LUDUM: una piattaforma studiata e sviluppata per garantire un’esperienza unificata, complessa ma immediata.

Alittleb.it ha optato per una strategia di apprendimento interattivo ed esperienziale, ottimizzando l’elemento fun per incentivare l’interesse e l’approccio attivo dei dipendenti Vodafone.
Il gioco si svolge contemporaneamente su browser pc, sugli schermi degli Smartphone, nel mondo reale, andando a creare delle vere e proprie esperienze offline, negli uffici Vodafone.

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Caso: Il Productivity Game di Seat Pagine Gialle – WebPoint Village

Nome del Progetto: WebPoint Village
Categoria: Productivity Game; Gamification / Serious Games; Comunicazione Interna / Giochi per i Dipendenti
Cliente: Seat PG
Technologie: Ludum; UnderWave
Target: Agenti/Consulenti di Vendita Seat Pagine Gialle


Alittleb.it ha ideato e sviluppato Webpoint Village, un productivity game per iPad, dedicato all’intera forza vendita di Seat PG.

DESCRIZIONE:
Alittleb.it ha risposto alla necessità di Seat PG di incrementare le proprie performance di vendita attraverso una soluzione gamificata, indirizzata direttamente a tutto il suo personale di vendita (circa 1.400 persone).
Webpoint Village rientra nella categoria di Serious games, è stato concepito come un progetto di medio/lungo periodo (3 anni) ed è liberamente ispirato su CityVille e Millionaire City; in Webpoint Village, però, le risorse per far crescere la città sono ottenute dagli agenti Seat PG realizzando i loro obiettivi di vendita di periodo. Continua a leggere Caso: Il Productivity Game di Seat Pagine Gialle – WebPoint Village

Caso: E-learning Game per i Dipendenti – Go To Jupiter

Social E-learning Game / Serious Game per la formazione volontaria

Nome Progetto: Go To Jupiter
Categoria: E-learning; Gamification / Serious Games; Game based Marketing per la comunicazione interna / Giochi per i dipendenti
Cliente: Astrazeneca – Multinazionale Farmaceutica
Target: Informatori Astrazeneca


Descrizione Progetto

Go To Jupiter è un Social E-learning Game sviluppato da Alittleb.it srl per la formazione volontaria della field force di una multinazionale farmaceutica, in preparazione al lancio di nuovo farmaco anticolesterolo basato su un nuovo principio attivo.
Il gioco era in preparazione e riprendeva i temi di un evento finale, che rappresentava la data ufficiale di lancio del prodotto. Continua a leggere Caso: E-learning Game per i Dipendenti – Go To Jupiter

Più tablet in azienda? Soluzioni gamificate ottimizzate

L’integrazione dei tablet nella nostra vita ha avuto modo di crescere molto rapidamente, così in fretta da non concederci neppure il tempo di rendercene conto.

Venturebeat.com, in collaborazione con Lenovo e Qualcomm, ha sviluppato un’infografica (vedi sotto) per descrivere il progresso raggiunto in termini di numero di persone che fanno utilizzo di tablet per lavoro e per il tempo libero.

Per quanto riguarda il mercato italiano, secondo uno studio del Politecnico di Milano, quasi 3 CEO italiani su 4 hanno già introdotto o stanno introducendo i dispositivi new tablet nella propria organizzazione: il 47% li ha già adottati e il 27% lo farà nel futuro. Gli executive e i c-level li hanno già (55%) o li avranno in futuro (38%), il personale di vendita un po’ già li usa (17%) ma soprattutto li riceverà (74%) nel prossimo futuro. Insieme ai new tablet, crescono in modo esponenziale anche le mobile application scaricate. Continua a leggere Più tablet in azienda? Soluzioni gamificate ottimizzate

MTV My Chart: Gamification & Cross-media Strategy

MTV My Chart è un’applicazione concepita e sviluppata da alittleb.it per rispondere alla necessità di MTV Italia di creare classifiche settimanali di video musicali, in base alle preferenze degli utenti Facebook.
A tal fine, MTV My Chart è ospitata nella sezione classifiche del portale MTV.it (http://www.mtv.it/musica/classifiche/archivio/mychart.asp) ed è connessa al social network tramite Facebook Connect ed un Facebook Live Stream Wall; inoltre, nella pagina dell’applicazione su Facebook, gli utenti potranno consultare gli andamenti della classifica My Chart in tempo reale.

Ma MTV My Chart è molto di più: è un’applicazione gamificata atta ad essere utilizzata come vero e proprio strumento per attuare una strategia crossmedia.

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